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La Meda e la Brianza che amiamo e che vogliamo tutelare

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CRONACHE DA CHI SI IMPEGNA A CAMBIARE IL PAESE DEI CACHI E DEI PIDUISTI.
"Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente,
ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere,
se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?"
Antonio Gramsci-politico e filosofo (1891-1937)
OMAGGIO ALLA RESISTENZA.
Ciao Dario, Maestro, indimenticabile uomo, innovativo, mai banale e sempre in prima fila sulle questioni sociali e politiche.
Ora sei di nuovo con Franca e per sempre nei nostri cuori.

"In tutta la mia vita non ho mai scritto niente per divertire e basta.
Ho sempre cercato di mettere dentro i miei testi quella crepa capace di mandare in crisi le certezze, di mettere in forse le opinioni, di suscitare indignazione, di aprire un po' le teste.
Tutto il resto, la bellezza per la bellezza, non mi interessa."

(da Il mondo secondo Fo)

sabato 20 dicembre 2014

LICENZA DI DISASTRO AMBIENTALE E IMPUNITA'

Dopo le assoluzioni dei dirigenti di Eternit per le morti da amianto, a Pescara vengono assolti gli ex dirigenti Montedison per la mega discarica di rifiuti tossici di Bussi che ha inquinato pure le falde che alimentavano gli acquedotti. 
Anche per le vittime della fabbrica tessile della Marlane di Praia a Mare (107 morti) ancora non c'è giustizia. 
Così in questo paese, dove ancora non esiste IL DELITTO AMBIENTALE, i responsabili restano quasi sempre impuniti perchè i reati loro contestati vanno in prescrizione o perchè i tempi lunghissimi delle inchieste e dei processi rendono difficilissima la ricerca della verità. 
Eppure .... eppure, al Senato giace un disegno di legge, il n°1345, già approvato alla Camera che prevede 4 nuovi delitti ambientali PENALMENTE PERSEGUIBILI che, come sempre, è fortemente avversato dalle lobby di quegli industriali più retrivi, quelli che vogliono sempre rimanere impuniti.
Disastro Bussi senza colpevoli
Abruzzo.
Tutti assolti i vertici Montedison, gestori della discarica «più grande d’Europa» nei pressi del fiume Tirino e tra le più inquinate d’Italia. L'avvelenamento delle acque, dunque, non c'è e non c’è stato, anche se controlli e prelievi dimostrano altro. Sarebbero circa 700mila i cittadini della Val Pescara contaminati.

Manifestazione contro la mega discarica di Bussi
Dal disa­stro ambien­tale a quello giu­di­zia­rio. Tutti assolti i ver­tici della Mon­te­di­son finiti alla sbarra nel pro­cesso per la mega­di­sca­rica di tos­sine di Bussi sul Tirino, pae­sello i cui ter­reni sono stati riem­piti di rifiuti tos­sici, inzep­pati in un depo­sito di 25 ettari sco­perto nel 2007. Per la «più grande disca­rica d’Europa», per una delle 37 aree più inqui­nate d’Italia, per una delle emer­genze ambien­tali più impo­nenti del Bel­paese… nes­sun col­pe­vole. Que­sto ha sen­ten­ziato ieri pome­rig­gio la Corte d’Assise di Chieti. Due i reati con­te­stati: avve­le­na­mento delle acque e disa­stro ambien­tale. Il dispo­si­tivo a firma del pre­si­dente Camillo Roman­dini recita: «Visti gli arti­coli 442 e 530 Cpp (Codice di pro­ce­dura penale), assolve gli impu­tati dal reato loro ascritto  ‘avve­le­na­mento acque’ per­ché il fatto non sus­si­ste. Visti gli arti­coli 521 e 531 Cpp pre­via deru­bri­ca­zione del reato con­te­stato B (disa­stro ambien­tale doloso) in quello di disa­stro col­poso ex art.449 Cp (Codice Penale, ndr) dichiara di non doversi pro­ce­dere nei con­fronti degli impu­tati per inter­ve­nuta pre­scri­zione». Le moti­va­zioni ver­ranno depo­si­tate entro 45 giorni. L’avvelenamento delle acque, quindi, stando al ver­detto emesso, non c’è e non c’è stato, anche se con­trolli e pre­lievi dimo­strano altro. Men­tre il disa­stro c’è, ma non è stato inten­zio­nale, non è stato voluto, e, sic­come è pas­sato tanto troppo tempo, nes­suno pagherà, almeno a livello penale, per esso. «Teme­vamo che finisse così — dicono alcuni cit­ta­dini di Bussi -. Que­sto è il posto dei veleni e intorno ci viviamo noi, che aspet­tiamo la boni­fica. La paura è che non si venga a capo di nulla, ora più che mai».
I pm — Giu­seppe Bel­lelli e Anna Rita Man­tini — ave­vano chie­sto con­danne che anda­vano dai 12 anni e 8 mesi ai 4 anni. Gli impu­tati erano 19, fra ex diri­genti e tec­nici dell’allora colosso chi­mico Mon­te­di­son: Camillo Di Paolo, Mau­ri­lio Agug­gia, Vin­cenzo San­ta­mato, Guido Angio­lini, Carlo Cogliati, Nicola Saba­tini, Dome­nico Angelo Alleva, Naz­za­reno San­tini, Luigi Guar­ra­cino, Gian­carlo Morelli, Giu­seppe Qua­glia, Carlo Vas­sallo, Luigi Fur­lani, Ales­san­dro Masotti, Bruno Parodi, Mauro Moli­nari, Leo­nardo Capo­grosso, Mau­ri­zio Piaz­zardi e Sal­va­tore Bon­co­ra­glio. Erano 27 le parti civili costituite.
Per la Corte l’avvelenamento delle acque è, dun­que, una favola. Eppure una rela­zione recente dell’Istituto supe­riore di sanità dichiara che i corsi d’acqua che costeg­giano e cor­rono sotto le disca­ri­che di Bussi potreb­bero aver con­ta­mi­nato, nel tempo, e fino al 2007, circa 700mila cit­ta­dini della Val Pescara. Sem­pli­ce­mente bevendo l’acqua, uti­liz­zan­dola in casa, negli ospe­dali, nelle scuole. Ottan­ta­quat­tro pagine che ana­liz­zano, scien­ti­fi­ca­mente la que­stione, a comin­ciare dalle 250 mila ton­nel­late di sco­rie e scarti della pro­du­zione di cloro, soda, vare­china, for­mal­deide, per­co­lati, clo­ruro di vinile, tri­clo­roe­ti­lene e clo­ruro di ammo­nio sepolti dalla mul­ti­na­zio­nale nel corso della pro­pria atti­vità. Il danno ambien­tale sti­mato è di circa 8 miliardi e mezzo men­tre per la boni­fica occor­re­ranno da 600 — 800 milioni. L’elenco dei veleni sco­vati è lungo… clo­ruro di vinile, tri­clo­roe­ti­lene, esa­clo­roe­tano, tetra­clo­ruro di car­bo­nio, clo­ro­for­mio, diclo­roe­ti­lene: tutti can­ce­ro­geni. E ancora… l’esaclorobutadiene («can­ce­ro­geno e geno-tossico»), gli idro­car­buri clo­ru­rati («can­ce­ro­geni») che supe­rano tal­volta migliaia di volte i limiti di legge, soprat­tutto nei son­daggi e cam­pio­na­menti delle acque in pro­fon­dità. E ancora piombo e mer­cu­rio, che hanno con­ta­mi­nato «in maniera mas­siva il suolo».
«Il disa­stro ce l’abbiamo e ce lo teniamo -, afferma Augu­sto De Sanc­tis, del Forum Acque Abruzzo -. Non ci sono col­pe­voli pur di fronte all’acqua piena di sostanze dan­nose e a un disa­stro accer­tato. Ci siamo scor­dati dei pozzi Sant’Angelo, quelli a valle della mega­di­sca­rica, che furono chiusi nel 2007, dopo le nostre bat­ta­glie, quelli che ancora oggi inquinano?».
«Mi auguro — dichiara Sal­va­tore La Gatta, sin­daco di Bussi — che come per la vicenda dell’amianto cre­sca lo sde­gno nella pub­blica opi­nione». Il primo cit­ta­dino ram­menta anche che, davanti al Con­si­glio di Stato, ad opera della Mon­te­di­son, pende un ricorso con­tro il mini­stero dell’Ambiente che, per via di una sen­tenza del Tar, aveva obbli­gato l’azienda chi­mica ad avviare le ope­ra­zioni di boni­fica del sito. Se ne discu­terà il 4 gen­naio. «Non vor­rei che que­sta sen­tenza — aggiunge La Gatta — possa in qual­che modo pesare sul Con­si­glio di Stato, aspet­tiamo fiduciosi».
«Il fatto che sia stato rico­no­sciuto il disa­stro col­poso — inter­viene il pre­si­dente della Regione, Luciano D’Alfonso — ci legit­tima ad atti­vare una causa per il risar­ci­mento dei danni da parte di chi ha ridotto le acque e le terre dell’Abruzzo in que­ste condizioni».
«Da quanto acca­duto in aula — dice l’avvocato Cri­stina Gerar­dis, dell’avvocatura dello Stato e parte civile nel pro­cesso — posso con­sta­tare che le acque sot­ter­ra­nee, le falde acqui­fere che costi­tui­scono una risorsa fon­da­men­tale per l’uomo, non sono oggetto di tutela. Per­ples­sità e un grande punto inter­ro­ga­tivo ci sono per­ché, stu­diando bene le carte, abbiamo potuto con­sta­tare la gra­vità della situa­zione ambien­tale di quest’area, che ha biso­gno di un giu­sto ristoro».
Afferma invece l’avvocato della difesa Carlo Bac­ca­redda: «Espri­miamo grande sod­di­sfa­zione. C’erano tante aspet­ta­tive da parte dell’opinione pub­blica. È stata esclusa, dalla sen­tenza, qual­siasi fat­ti­spe­cie di dolo».

Centosette morti alla Marlane, ma «il fatto non sussiste»
Calabria.
Sette dirigenti della famosa fabbrica tessile di Praia a Mare erano accusati di disastro ambientale, omicidio colposo plurimo e lesioni. Tra gli imputati principali il conte Marzotto. La difesa annuncia il ricorso in appello
Manifestazione dei familiari delle vittime della Marlane
«Il fatto non sus­si­ste». Nes­suno è col­pe­vole della lenta car­ne­fi­cina che sarebbe avve­nuta nella fab­brica tes­sile Mar­lane di Praia, in pro­vin­cia di Cosenza. Non esi­ste un nesso di causa ed effetto tra le sostanze tos­si­che ina­late e le decine di tumori con­tratti dai 107 ope­rai che all’interno della fab­brica hanno lavo­rato per anni. Non ci sono respon­sa­bi­lità tra quanti avreb­bero dovuto vigi­lare e garan­tire minime con­di­zioni di sicurezza.
A sta­bi­lirlo, dopo un lungo e tor­men­tato dibat­ti­mento e una camera di con­si­glio pro­trat­tasi fino a tarda sera, è stato il tri­bu­nale di Paola che ieri ha assolto tutti gli impu­tati, tra cui il diri­gente di fab­brica non­ché già sin­daco di Praia a Mare, Carlo Lomo­naco. Assolto anche il padrone dell’azienda, il Conte Pie­tro Marzotto.
Cadono dun­que nel vuoto le denunce dei comi­tati ambien­ta­li­sti del Tir­reno cosen­tino e dei fami­liari delle vit­time, a lungo igno­rati dalle isti­tu­zioni pre­po­ste al con­trollo del ter­ri­to­rio e dai sin­da­cati con­fe­de­rali. Il pro­cesso di primo grado non ha accolto le richie­ste della pub­blica accusa che aveva richie­sto pene pesanti per 7 diri­genti e per il tito­lare della fab­brica, impu­tati a vario titolo dei reati di disa­stro ambien­tale, omi­ci­dio col­poso plu­rimo e lesioni gravissime.
Lacrime di rab­bia, urla di indi­gna­zione hanno attra­ver­sato le strade di Paola subito dopo la let­tura della sentenza.
Lunga e tra­va­gliata è stata la vicenda Mar­lane. Durante tutto il pro­cesso, un pre­si­dio per­ma­nente ha sta­zio­nato nei pressi del tri­bu­nale, denun­ciando a gran voce il rischio che un’eventuale pre­scri­zione ponesse gli impu­tati al riparo da pos­si­bili con­danne. La sen­tenza di ieri suona come un’ulteriore beffa per quanti hanno perso la vita, la salute, gli affetti.
Un anno fa Eni-Marzotto aveva rag­giunto un accordo con i fami­liari degli ope­rai dece­duti, otte­nendo la revoca delle costi­tu­zioni di parti civili. Circa sette milioni di euro sareb­bero stati ver­sati com­ples­si­va­mente ai con­giunti delle vit­time ed ai loro avvo­cati. Cia­scuna parte civile ha rice­vuto una somma oscil­lante tra le 20mila e le 30mila euro. Se sull’entità del risar­ci­mento si rag­giunse un accordo, invece in merito alle respon­sa­bi­lità penali ovvia­mente il pro­ce­di­mento è andato avanti, fino al ver­detto di ieri. Per cono­scere nel det­ta­glio le moti­va­zioni che hanno spinto la corte ad assol­vere gli impu­tati, biso­gnerà atten­dere il depo­sito della sen­tenza. Nella requi­si­to­ria della pub­blica accusa, l’arco delle respon­sa­bi­lità si pre­sen­tava ampio. A pro­vo­care danni irre­ver­si­bili alla salute umana ed all’ambiente, secondo il pm, sarebbe stato l’uso di colo­ranti azoici nella fase di pro­du­zione. E, ancora, l’amianto pre­sente sui freni dei telai. Infine, da non sot­to­va­lu­tare la que­stione del pre­sunto sver­sa­mento delle diverse ton­nel­late di rifiuti indu­striali mai smal­tite, che a parere della pub­blica accusa sareb­bero state sep­pel­lite impu­ne­mente nella zona cir­co­stante, a poche decine di metri dal cen­tro abi­tato e da uno dei tratti bal­neari più rino­mati della costa tir­re­nica cala­brese, di fronte alla mera­vi­gliosa isola di Dino.
La sen­tenza di ieri rap­pre­senta una pro­fonda delu­sione per ope­rai corag­gio­sis­simi come Luigi Pac­chiano ed Alberto Cunto, ma soprat­tutto per gli atti­vi­sti della costa tir­re­nica cosen­tina. Anzi­tutto lo scrit­tore Fran­ce­sco Cirillo che a que­sta vicenda ha dedi­cato accu­rate con­tro­in­chie­ste, sfi­dando il clima di osti­lità che si sca­tena ogni qual volta qual­cuno denunci l’impatto deva­stante dell’industrializzazione nel sud Ita­lia e in altre regioni del Paese. Vani­fi­cato anche il ruolo della pro­cura di Paola.
Negli uffici diretti dal pro­cu­ra­tore Bruno Gior­dano, a par­tire dalla seconda metà del decen­nio scorso, sono state avviate inchie­ste giu­di­zia­rie impor­tanti su reati ambien­tali di enorme gra­vità, come quelle sulle navi dei veleni, la cemen­ti­fi­ca­zione dei corsi d’acqua, il man­cato smal­ti­mento dei fan­ghi da depu­ra­zione, l’inquinamento di un mare che di fatto oggi non è più bal­nea­bile per decine di chilometri.

giovedì 18 dicembre 2014

DOSSIER DEI VERDI EUROPEI SULLE AUTOSTRADE AI COMMISSARI PER LA CONCORRENZA


Monica Frassoni, Presidente dei Verdi europei, Anna Donati, esponente di Green Italia-Verdi Europei e gli eurodeputati ecologisti Ernest Urtasun (ES), Margrete Auken (DK) e Pascal Durand (FR), hanno presentato oggi un dossier alle Commissarie Ue per la concorrenza sui possibili AIUTI DI STATO e altri vantaggi concessi dal Governo Italiano alle varie autostrade.
Il coordinamento INSIEME IN RETE PER UNO SVILUPPO SOSTENIBILE ha collaborato con loro per quanto concerne gli aspetti che riguardano l'autostrada Pedemontana.

LETTERA VERDI UE 
A COMMISSARI PER CONCORRENZA E MERCATO INTERNO, 
ITALIA REGALA MLD A CONCESSIONARIE AUTOSTRADALI 
IN CONTRASTO CON LEGGI UE


dicembre 18, 2014.

Monica Frassoni, Presidente dei Verdi europei, Anna Donati, esponente di Green Italia-Verdi Europei e gli eurodeputati ecologisti Ernest Urtasun (ES), Margrete Auken (DK) e Pascal Durand (FR), hanno presentato oggi un dossier alle Commissarie Ue per la concorrenza, Margrethe Vestager, e per il mercato interno, Elzbieta Bienkowska, per denunciare possibili aiuti di Stato e altri vantaggi da parte del governo italiano nei confronti di numerose concessionarie autostradali, attraverso defiscalizzazioni e proroghe delle scadenze delle concessioni accordate con lo Sblocca Italia. Si tratta di pratiche in contrasto con la normativa comunitaria, che prevede di rimettere a gara l’assegnazione delle concessioni una volta che queste sono scadute. Poiché nello Sblocca Italia si prevede che prima di concedere tali vantaggi, sia necessario il parere delle autorità europee, l’obiettivo di questa iniziativa è di chiedere alla Commissione di non autorizzare questa evidente violazione delle regole vigenti, che peserebbe in modo considerevole sul bilancio pubblico italiano.

“Nel dossier – dichiarano Frassoni e Donati – denunciamo alla Commissione Ue il tentativo del governo italiano di tornare a concedere proroghe e vantaggi a concessionarie autostradali che già hanno goduto dello stesso privilegio in anni passati, e che oggi tornano a battere cassa. Tra i casi « fuorilegge » interessati dagli aiuti proposti, ci sono le autostrade del Gruppo Gavio, Autobrennero, Autovie, Brescia-Padova, oltre alla Pedemontana Lombarda per la quale è stata chiesta una ingente defiscalizzazione. Sulla Sat è appena stata aperta una procedura d’infrazione perché il governo non ha rispettato le norme in materia di appalti e di durata della concessione.

Quanto alla BreBeMi (direttissima Brescia-Bergamo-Milano) abbiamo segnalato che il Governo ha promesso di contribuire a coprire il crescente deficit di esercizio con 330 mln di euro, pur se la condizione per vincere la concessione era stata la promessa di non pesare sulle casse dello Stato.”

“Denunciamo, infine, l’esenzione fiscale proposta, su base retroattiva, per l’Autostrada Orte-Mestre, un faraonico progetto lungo 400 km che costerà ai cittadini italiani, nella migliore delle ipotesi, 1 milione di euro al km e la cui utilità e rentabilità è fortemente contestata.“

“Assieme a diversi comitati ed associazioni[1] avevamo già preso contatto con i commissari europei per il mercato interno e per la concorrenza nel corso della scorsa legislatura. Sulla base della nostra segnalazione, il Commissario Barnier aveva deciso, di chiedere alle autorità italiane di fornire maggiori informazioni sulll’art.5 dello Sblocca Italia e aveva aperto una procedura chiamata Eu-pilot, fase precedente all’avvio di una procedura di infrazione. Oggi, dopo l’approvazione definitiva dello Sblocca Italia e l’annunciata richiesta di autorizzazione alla Commissione da parte del governo italiano per concedere le proroghe e altri vantaggi, la Commissione Juncker deve agire – concludono Frassoni e Donati -. Anche perché l’Italia non è un caso unico: anche in Spagna e in Francia si verificano casi simili, pur se di portata minore rispetto al caso italiano. In tempi di grave crisi e nella prospettiva di un rilancio di investimenti pubblici è cruciale garantire che essi siano allocati in modo da garantire non solo il rispetto delle regole, ma anche un effettivo impatto sull’economia e sull’occupazione.”

Bruxelles, 18 dicembre

[1] Coordinamento dei Comitati contro le autostrade Cr-Mn e Ti-Bre, Coordinamento Comitati Ambientalisti Lombardia, Comitato Stop Orte-Mestre, Legambiente Lombardia, Coordinamento Ambientalista “Insieme in Rete”.

martedì 16 dicembre 2014

UOVA CON DIOSSINA


Della problematica delle "uova con diossine" ce ne eravamo già occupati il 23-11-2013 qui.
Adesso, a distanza di un anno, il fatto torna alla ribalta delle cronache, anche grazie al risalto dato alla vicenda da parte del Consigliere Regionale dell'M5S Gianmarco Corbetta ripreso anche dalla stampa (articoli de Il Giorno).
Ora, ci sono più dettagli in merito.
Dalla documentazione che alleghiamo, come avevamo già descritto nel 2013, si evince che la campagna di monitoraggio è parte di un piano triennale curato dalle ASL su uova di gallina prodotte nelle aree interrelate con i Siti di Interesse Nazionale (SIN), luoghi molto estesi e contaminati dalla presenza di diverse sostanze tossiche (diossine, idrocarburi policiclici aromatici, metalli pesanti, solventi, policlorobifenili etc).
Si tratta esattamente del "Piano Nazionale di monitoraggio dei contaminanti ambientali in alimenti di origine animale prodotti nei Siti di Interesse Nazionale (SIN)".

Il SIN prossimo ai comuni della Provincia di MB è quello dell'area ex FALCK di Sesto S. Giovanni.
Sul territorio di competenza della ASL Monza e Brianza, le analisi di laboratorio sul grasso delle uova di gallina di allevamenti PER AUTOCONSUMO (che, in teoria non dovrebbero essere commercializzate) hanno evidenziato valori superiori ai limiti previsti dalle normative di riferimento per Policlorbifenili (PCB) nonchè per le Policlorodibenzodiossine e Policlorodibenzofurani (PCDD/F) in dieci allevamenti su undici monitorati (unico conforme quello di Muggiò).
Elevati i valori riscontrati per i Policlorobifenili NDL (non dioxin like), cioè dei PCB che non sono diossine ma congeneri.
Dati preoccupanti.

Il comune interessato a noi più vicino, dove sono state testate le uova prodotte dalle galline di un avicoltore, è quello di DESIO
In questo allevamento, se si prende in considerazione il valore di PCDD/F espresso in pg TEQ/g (picogrammi di tossicità equivalente per grammo), il valore riscontrato risulta essere di 52,43 pg TEQ/g cioè più di 20 volte il limite stabilito dalle normative (2,5 pg TEQ/g).

La tabella riassuntiva con i dati del monitoraggio nei comuni della prov. di MB;
(in rosso i superamenti, in giallo la soglia d'attenzione)
Tabella dettagliata delle analisi PCDD/Furani e PCB Dioxin Like di Desio
Se poi si va a controllare il dettaglio analitico, (sopra) sempre relativamente ai valori espressi in pg TEQ/g, si scopre che i 52,43 pg TEQ/g sono composti dalla somma di più tipi di diossine, tra le quali con un incidenza pari a 20,99 pg TEQ/g, la tetraclorodibenzodiossina (TCDD) meglio conosciuta come la diossina dell'ICMESA.
Il resto sono altri tipi di diossine e furani, tra le quali quelle che concorrono maggiormente alla sommatoria ponderata risultano essere tra le diossine: il pentaclorodibenzodiossina (6,27), l'esaclorodibenzodiossina (1,95); tra i furani: il pentaclorodibenzofurano (7,25), l'esaclorodibenzofurano (4,19) e il tetraclorodibenzofurano (1,16). Ora, se è nota la provenienza della TCDD, più oscura la presenza e la provenienza delle altre diossine e furani. Pure i valori riguardanti i PCB DL (dioxin like - diossina simili) risultano essere fuori dalle norme, con un valore di 19,3 pg TEQ/g cioè circa 4 volte il limite consentito (5 pg TEQ/g).
La tabella analitica di dettaglio -dove abbiamo per comodità accorpato in sequenza i dati- evidenzia le composizioni dei PCB (vedi sopra).

Anche introducendo nel calcolo il cosidetto "limite di incertezza", i valori pur abbassandosi, restano comunque abbondantemente oltre la soglia (vedi parte bassa della tabella riassuntiva).

A questo punto, due considerazioni sono d'obbligo.

La prima è che la TCDD dell'ICMESA risulta ancora essere presente tanto da potersi concentrare nel grasso delle uova dell'allevamento monitorato.
Questo significa che il suolo di Desio (allora compreso nella ex zona R di rispetto), è ancora contaminato dalla diossina del disastro ICMESA.
Pertanto, anche per Desio oltre che sulle aree classificate ex zona A e B nei Comuni di Meda, Barlassina, Seveso, Cesano Maderno e Bovisio Masciago, esiste il rischio concreto che i lavori di costruzione dell'autostrada Pedemontana movimentino terra contaminata. Questo il coordinamento ambientalista INSIEME IN RETE lo dice da tempo.
PRUDENZA CONSIGLIEREBBE DI FERMARSI CON LA PEDEMONTANA dove è arrivata ora, senza altri e pericolosi sbancamenti.

La seconda considerazione riguarda la localizzazione dell'avicoltore monitorato che è prossimo al forno inceneritore di Desio. Un forno inceneritore operativo dal 1976.
Noi non mettiamo in dubbio che le emissioni dal camino del forno di composti PCDD-F siano adesso entro le norme previste dalla legislazione nazionale.
Ma va considerato il possibile ACCUMULO negli anni di queste sostanze nel terreno e nei ricettori.
Certo, le analisi effettuate su un singolo allevamento non sono elemento sufficiente per trarre conclusioni definitive.
Sicuramente però, il campanello d'allarme non va ignorato e per avere dati certi, vanno indagate le cause della presenza di diossine oltre i limiti nel grasso delle uova e il monitoraggio va quindi esteso, prevedendo anche campionamenti chimici per la caratterizzazione del suolo nelle aree attorno all'impianto d'incenerimento, proprio perchè l'inceneritore non può che essere considerato uno delle possibili cause di contaminazione.

Comunque, indipendentemente da questo, BEA o la nuova società che nascerà dalla fusione (se fusione sarà) con CEM, dovrebbe porsi l'obbiettivo di un nuovo piano industriale che preveda una ragionevole e ragionata tempistica per un'opzione di spegnimento dell'inceneritore con l'implementazione di nuove tecnologie per la raccolta differenziata spinta.

Sotto, i DOCUMENTI UFFICIALI dei risultati dettagliati delle analisi e la presentazione del monitoraggio.





lunedì 15 dicembre 2014

SULLE ESONDAZIONI DEL TARO', ALCUNI INTERVENTI LOCALI POSSIBILI

Il Tarò (o Terrò) qualche ora dopo l'esondazione di novembre
Sulle recenti esondazioni del Tarò a Meda dell'8 luglio e del 15 novembre, abbiamo cercato di verificare insieme con il geologo Gianni Del Pero, consigliere del WWF regionale e persona che collabora attivamente anche con il gruppo di Sinistra e Ambiente, alcune cause LOCALI che unendosi alle intense piogge hanno contribuito a rendere la situazione critica.
Cause la cui rimozione è sicuramente opportuna per prevenire e cercare di far si che non contribuiscano a rendere future simili situazioni difficilmente gestibili.
Chiaramente la problematica va oltre l'ambito locale, ma anche per questo aspetto, come rimarca Del Pero, occorre valutare CON MOLTA ATTENZIONE quali siano gli interventi possibili e realmente utili per evitare che al dissesto idrogeologico si sommi un ulteriore e controproducente volonta di "grandi opere", idrauliche in questo caso, che consumano altro suolo libero.

Nel dettaglio, sugli aspetti di competenza amministrativa locale:

E' necessario richiedere con la massima urgenza alla Regione di ricostruire gli argini crollati e di riprofilare il letto del Tarò, abbassandolo, particolarmente in prossimità dei ponti di Via Luigi Rho, Via Cialdini, del tratto tombinato di Largo Europa, Via dei Cipressi e di Via Cadorna, dove gli interventi realizzati già dal 2000 da Regione Lombardia (l’ex Genio Civile) hanno modificato il regime della corrente.
La problematica è evidente, anche nei momenti di magra, la corrente rallenta prima dei ponti ed accelera, erodendo in cascata, subito a valle. Questa condizione ha innescato diversi fenomeni di rigurgito che hanno portato all’esondazione, proprio in corrispondenza dei ponti.
Meda: anno 1951
La situazione e le criticità sono documentate nelle diverse immagini, alle quali alleghiamo anche una foto "storica" che riprende l'esondazione del 1951 del Tarò con estese aree verdi tra Via Como e la ferrovia di Vicolo Luigi Rho, che nel tempo abbiamo consumato, contribuendo ad aumentare il rischio idrogeologico ed i danni alle proprietà costruite in adiacenza.

Un secondo livello di interventi può essere attuato immediatamente con la manutenzione delle vallette che scendono dall'altopiano del Parco della Brughiera che, essendo elementi del reticolo idrico minore, sono di competenza dei comuni.
Le interferenze dovute a questo stato di degrado idrogeologico e forestale sono state particolarmente evidenti con la piena dell’8 Luglio quando si sono verificate forti erosioni e notevole trasporto di fango. Fango e materiale forestale schiantato hanno contribuito al rigurgito della corrente all’altezza del ponte della Svizera, alla confluenza tra la Valle della Brughiera e il Tarò.
Ricordiamo che esiste un progetto preliminare di interventi di sistemazione idrogeologica e forestale, anche per la nostra città, redatto per il Parco della Brughiera nel 1997.
Purtroppo sinora gli interventi previsti sono stati realizzati solo a Cabiate e Mariano.
Più recentemente il Parco ha sviluppato e realizzato progetti per il suo territorio: Cabiate, Brenna e Carugo ne hanno beneficiato.
In questo modo si tiene sotto controllo il dissesto idrogeologico, si contiene il trasporto solido, in buona sostanza, si previene il rischio esondazioni operando in ambito locale.

Buona parte di queste osservazioni, Gianni Del Pero le ha formalizzate in una lettera scritta e protocollata al Sindaco Caimi.
Un analisi puntuale di critica alle dichiarazioni del Sindaco Caimi durante la fase di gestione dell'emergenza ma sopratutto un 'analisi che suggerisce e propone una serie di provvedimenti, di competenza comunale, da attuare per cercare di rendere tali fenomeni meno disastrosi per i cittadini e il territorio.

La Valle della Brughiera poche ore dopo l'esondazione
La Valle della Brughiera oggi, con il materiale trasportato dalle piene, 
materiale che ha contribuito ad ostruire il deflusso dal ponte della Svizera 
innescando il rigurgito e l'esondazione
Argini lesionati...che però sono anche muri perimetrali di edifici 
(una legge del 1904 richiederebbe di costruire, se proprio si deve, ad almeno 10 metri dai corsi d'acqua)
Questo fico ne ha davvero tanta di voglia ...... 
ma il posto nel quale è sbucato non è tra i migliori, 
anche se "il fertilizzante" non manca ....... ma chi deve pulire ? e quando ?
La corrente rallenta all'altezza del ponte de la Svizera.
La quota del torrente si avvicina a quella degli argini
rendendo più facile l'esondazione
Ponte di via Cialdini, solito fenomeno di innesco della corrente 
subito dopo la soglia rialzata antierosione
Ponte del "Cassina", Via Cadorna: anche qui la forza della corrente subito dopo il ponte
il cui letto è rialzato aumenta con energia e forza erosiva.
Il fondo anche se cementato viene scavato.
Un tratto dove l'argine è crollato con la piena dell'8 Luglio
La lettera del geologo Gianni Del Pero al Sindaco Gianni Caimi




domenica 14 dicembre 2014

IL CONSIGLIO COMUNALE DEL 10-12-014 SULLA PEDEMONTANA


Il 10-12-014 s'è tenuto il Consiglio Comunale sulla pedemontana, convocato su richiesta dei Consiglieri Alberto Colombo, Vilma Galimberti, Vermondo Busnelli, Luca Santambrogio e Mirco Busnelli.
Diciamolo subito: al Consiglio, i due soggetti principali soc. Autostrada Pedemontana Lombarda e Regione Lombardia, come prevedibile, non si sono presentati.
Hanno pertanto relazionato il tecnico del Comune Ing. Camarda, il Direttore del settore Territorio, Infrastrutture, Mobilità e Parchi della Provincia Ing. Infosini, l'ex Assessore (con la giunta Taveggia del 2007) Santambrogio e il Sindaco Caimi.
La proposta di relatori tecnici qualificati provenienti dal mondo dell'ambientalismo e della sanità fatte dal nostro Cons. Comunale Alberto Colombo e dalla Cons. Vilma Galimberti non sono state prese in considerazione dal Presidente del Consiglio Bruno Molteni, evidentemente perchè questa tipologia di relatori ha espresso più volte posizioni di contrarietà alla realizzazione dell'autostrada.
Le relazioni dei presenti sono state a nostro avviso poco approfondite su molti aspetti e sopratutto, poco critiche rispetto ad una situazione reale preoccupante e non hanno portato elementi di novità rispetto alle informazioni già in nostro possesso.
Per questo, il Consigliere di Sinistra e Ambiente, Colombo, ha ritenuto importante focalizzare il suo intervento approfondendo le criticità e ricordando il dettagliato e serio lavoro fatto dal coordinamento ambientalista INSIEME IN RETE PER UNO SVILUPPO SOSTENIBILE (di cui Sinistra e Ambiente è parte) che sta monitorando la vicenda pedemontana dal 2008, condividendo con tutti informazioni e posizioni a mezzo di iniziative e assemblee pubbliche (vedi i numerosi post sul nostro blog e su quello del coordinamento).

Così Colombo ha argomentato:
  • l'ambiguità della DEFISCALIZZAZIONE (349 milioni di euro), vero e proprio aiuto di Stato con un vincolo da parte del CIPE costituito dall'obbligo del closing finanziario entro un anno dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
  • come la strategia di costruire nuove autostrade sia miope e la BREBEMI sia lì a dimostrarlo con un flusso di traffico insufficiente a ripagare l'investimento PUBBLICO effettuato (18.000 veicoli/giorno scarsi effettivi rispetto ai 40.000 previsti). NB l'investimento  era a carico della Cassa Deposito e prestiti e della Banca Europea Investimenti
  • come sulle tratte finora realizzate (A) o in fase di avanzamento lavori (B1) NESSUNA delle previste COMPENSAZIONI AMBIENTALI sia stata sinora concretizzata e che la GREENWAY, da dichiarazioni di Concessioni Autostradali Lombarde (CAL) verrà realizzata solo con la conclusione lavori della tratta B2 e C (giusto quelle senza alcuna copertura economica)
  • che sull'attuale superstrada e sulla viabilità locale si riverserà traffico aggiuntivo insostenibile determinato dal collegamento della B1 incompleta cioè priva della connessione con la Novedratese e la cui data di completamento risulta incerta nonostante le dichiarazioni di copertura economica sufficiente 
  • che per la tratta B2, quella che riguarda il Comune di Meda, c'è il rischio di scavi in zone ancora CONTAMINATE DA TCDD (diossina) come si evince dalle analisi validate da ARPA nel 2008 (analisi i cui risultati sono stati protocollati da Insieme in Rete in tutti i Comuni della Tratta B2 + Bovisio M. e Desio)
  • che il progetto esecutivo della tratta B2 deve essere calibrato sui risultati del piano di caratterizzazione del livello di contaminazione da TCDD (prescrizione CIPE n° 3 e art. 242 del DL. 152) e contemplare anche la bonifica di tutte le aree contaminate laddove si vuol far passare il tracciato della pedemontana. Opzione che comporterà costi difficilmente sopportabili ma che è d'obbligo e va pertanto considerata.
  • che la criticità TCDD è pesantissima per la salute dei cittadini e che sarebbe opportuno rinunciare all'autostrada e lasciare la TCDD confinata negli strati del suolo evitando movimentazioni improprie di terreno. 
  • che rispetto alle opere complementari e accessorie, la tangenzialina di Meda Sud ha un impatto pesante poichè spezza la continuità delle residue aree verdi ancora libere meritevoli d'inserimento nel PLIS Brianza Centrale e che risulta incomprensibile la scelta dell'esecutivo di Caimi di non considerare la soluzione migliorativa proposta dall' Associazione cittadini Meda Sud e dal CPB anche perchè nessuno ha mai chiarito le motivazioni di contrarietà a questa proposta.
Insomma, una serie corposa di criticità, uno stato di fatto preoccupante, una gestione nell'iter realizzativo dell'autostrada che mostra pressapochismo, scarsa attenzione all'ambiente e la certezza dell'inutilità dell'infrastruttura ci portano ancora una volta a chiedere che ci si fermi per non causare ulteriori danni.
Unica nota degna di menzione emersa durante l'assise consiliare è che pare confermata l'elaborazione da parte di Strabag (soc. concessionaria che dovrebbe realizzare la tratta B2 per conto di APL) del piano di caratterizzazione per determinare le concentrazioni di TCDD che dovrebbe essere sottoposto prossimamente al vaglio di ARPA.
Autostrada Pedemontana Lombarda (APL) ci arriva dopo anni in cui ha sminuito il rischio effettivo, dopo due diffide di INSIEME IN RETE (una con i Sindaci di Seveso e Desio), dopo la Mozione N° 72 del Consiglio Regionale (dietro la quale c'è un lavoro assiduo di rapporti con alcuni Cons. Regionali da parte dei gruppi ambientalisti).
Seguiremo con attenzione questo passaggio.

Totalmente appiattita la posizione del PD locale, espressa dal suo capogruppo Venier.
il PD si limita a ribadire la "strategicità" dell'infrastruttura, senza nemmeno tentare d'entrare nel merito dell' argomento e lancia un accusa di "comportamenti pregiudiziali" nei confronti di coloro che ritengono la Pedemontana un'infrastruttura inutile, dannosa e impattante per il territorio.
In perfetta linea con le opinioni del Segretario Regionale Alfieri (di cui abbiamo trattato qui). 
Eppure, c'è stato un tempo in cui alcuni Consiglieri Regionali del PD avevano espresso posizioni critiche in merito (vedi qui).
Inutile dire che l'accusa di "pregiudizio" sulla valutazione dell'infrastruttura la consideriamo pretestuosa, visto che Sinistra e Ambiente, con il coordinamento Insieme in Rete, ha formulato il suo giudizio SUI FATTI incontrandosi in questi anni con tutti i soggetti istituzionali: Sindaci, APL, CAL, ARPA, Commissioni Regionali, Provincia di MB.
Questi incontri ci hanno permesso di tessere rapporti, di raccogliere elementi e ci hanno consentito di evidenziare i limitil le criticità e l'inutilità di questa infrastruttura

In uno dei successivi punti all'OdG, quello riguardante la mozione delle liste civiche con Buraschi per Meda e Meda per Tutti per un incontro pubblico sulla Pedemontana, Sinistra e Ambiente ha votato a FAVORE. La mozione è comunque respinta con il voto contrario del Pd e l'astensione di Ncd/FI.

L'articolo de Il Cittadino del 13-12-014
L'articolo de Il Giornale di seregno del 16-12-014


venerdì 12 dicembre 2014

GROANE-BRUGHIERA: VERSO UN GRANDE PARCO REGIONALE


Buone notizie relative all'iter di aggregazione delle aree della Brughiera al Parco Regionale delle Groane di cui ce ne siamo occupati qui.
I Comuni interessati facenti parte del territorio della Brughiera, stanno cominciando a pronunciarsi approvando delibere di Consiglio che chiedono l'adesione al Parco Regionale delle Groane, il primo passo per costituire l'ampia zona a tutela Regionale che comprende le Groane e la Brughiera (vedi mappa sotto) .

Allo stato attuale risulta che i Comuni che hanno deliberato in Consiglio sono: Grandate, Carimate, Lentate Sul Seveso, Fino Mornasco.

l'articolo de La Provincia del 10-12-014
Il 18/11/20014 s'è inoltre tenuto un incontro a Cantù richiesto da alcuni Comuni del comasco per avere un confronto con la Prov. di Como in merito all'adesione al progetto sulla regionalizzazione delle aree della brughiera attraverso l'adesione al Parco delle Groane.
Erano presenti all'incontro:
Comuni di: Cantù, Lentate, Carimate, Mariano, Fino M., Vertemate, Carugo, Grandate, Orsenigo, Cabiate, Capiago e Cucciago;
Prov. di Como : Presidente (Maria Rita Livio) e il consigliere delegato in materia di Parchi (Alberto Crippa)
Parco delle Groane: Mario Girelli, Luca Frezzini e Fiore;
PLIS Brughiera: Daniele Piazza.
L'incontro è stato aperto dall'Ass. all'Ecologia del Comune di Cantù, Emanuele Tagliabue, che ha ripercorso le attività e gli incontri fatti dai Comuni con RL in merito alla richiesta di istituire un parco regionale sulle aree interessate dalla brughiera briantea-comasca e di come gli stessi Comuni  hanno condiviso la proposta di chiedere l'adesione al Parco regionale delle Groane.
Al termine della presentazione è stato chiesto da diversi amministratori presenti alla Presidente della Provincia di Vomo Livio di portare in Giunta provinciale la proposta di adesione al Parco Groane proprio perchè la maggior parte del territorio che sarà annesso al Parco delle Groane interessa il comasco:  22 Comuni su 24.
Sia la Presidente che il Consigliere provinciale si sono dichiarati favorevoli all'entrata nell'Ente Parco Groane  e si sono impegnati a portare  la delibera di adesione al primo incontro di Giunta.
E' stato poi chiesto alle Amministrazioni presenti l'impegno all'approvazione della delibera nei rispettivi Consigli comunali.
Nell'incontro, iI tecnici del  Parco Groane hanno nuovamente dichiarato la loro disponibilità a incontrare gli amministratori comunali  per illustrare gli aspetti positivi per un Comune che aderisce ad un parco regionale.
I Comuni di Cantù e Lentate, coordinatori del tavolo per la costituzione del parco regionale, si sono impegnati a sentire i Comuni assenti all'incontro per conoscere la data di Consiglio C.le per l'approvazione delle delibere di adesione al Parco Groane.
Anche MEDA già aderente al PLIS della Brughiera,  fa parte dei Comuni che hanno un territorio boscato e verde meritevole di ottenere la tutela Regionale.  Si attende la concretizzazione della delibera di Consiglio che formalizzi la volontà d'adesione al Parco Regionale delle Groane.

Il territorio e i confini del Parco Regionale Groane + le aree della Brughiera

martedì 9 dicembre 2014

LA REALTA' RIBALTATA DI CAIMI


Ne avremmo fatto volentieri a meno, avremmo preferito scrivere e dibattere d'altro, ma, purtroppo, causa le recenti esternazioni del Sindaco Caimi sul nostro Consigliere Comunale (riprese dalla stampa), per il gruppo di Sinistra e Ambiente corre l'obbligo di una risposta adeguata alle stesse e di alcune precisazioni.
E' la richiesta di convocazione di un Consiglio Comunale sulla Pedemontana avanzata da un gruppo di Consiglieri, compreso quello di Sinistra e Ambiente, l'elemento scatenante che innesca le esternazioni di Caimi.
Tenete presente che la Commissione Territorio e Ambiente attende da tempo una disponibilità del Sindaco a relazionare dettagliatamente sul tema. (ne abbiamo trattato qui).

Da Il Cittadino del 06-12-014
La RISPOSTA DEL GRUPPO DI SINISTRA E AMBIENTE:

LA REALTA’ RIBALTATA DI CAIMI.

Poca memoria e una realtà ribaltata in ciò che Caimi, a ruota libera, esprime ed è ripreso da blog e giornali, rispetto al nostro Consigliere Comunale.

Poca memoria perché il Sindaco dovrebbe sapere che la maggioranza l’hanno decisa GLI ELETTORI e non gli umori di un Sindaco e gli elettori hanno scelto, nel 2012, una COALIZIONE POLITICA con anche Sinistra e Ambiente al suo interno.

Poca memoria perché non si ricorda che Sinistra e Ambiente è stata fondamentale nell'elezione del sindaco, sia nel primo turno delle amministrative sia e soprattutto al ballottaggio dove Caimi ha prevalso per un solo voto, cosa che dovrebbe tenere in considerazione, invece di lanciarsi in filippiche oltremisura.

Ribaltamento della realtà perché dalla nascita della Coalizione, Sinistra e Ambiente ha sempre chiesto con cocciutaggine INCONTRI POLITICI di maggioranza tra tutta la Coalizione, l’esecutivo e il Sindaco. Incontri che sono la normalità in tutti i luoghi dove una Coalizione amministra.
Incontri che però, a Meda, non si sono mai tenuti per esplicita volontà del Sindaco.

Tutto nel solco del “ci confrontiamo solo con quelli che la pensano esattamente come noi” tant’è che l’esecutivo ha operato senza alcuna collegialità con gli appartenenti alla coalizione, senza la ricerca di sintesi, ma solo “informando”.

Confusione, perché Caimi non distingue tra il ruolo ISTITUZIONALE di Sindaco, comprensivo della partecipazione alle COMMISSIONI ISTITUZIONALI e un ruolo politico che sarebbe proprio del gruppo del Pd e non suo. E’ il Sindaco di tutti o è il segretario di un partito ?

Anche se a Caimi non piace, Sinistra e Ambiente e non il solo suo Consigliere Comunale sono “maggioranza” e Colombo è Presidente della Commissione Territorio e Ambiente perché il centrosinistra ha vinto (di un pelo) le elezioni a Meda e Sinistra e Ambiente ne è parte.
Caimi è Sindaco anche per i voti di Sinistra e Ambiente.
Se non lo ricorda più, cogliamo l’occasione per rammentarglielo.

Sul fatto specifico che il nostro Consigliere Comunale abbia firmato con altri per un consiglio sulla Pedemontana, ricordiamo che è una prerogativa di ogni Consigliere ai sensi del regolamento ma soprattutto che un Consiglio Comunale, un incontro pubblico istituzionale sulla Pedemontana e pure una relazione del Sindaco in Commissione Territorio e Ambiente, avrebbe dovuto tenersi da tempo, sia per condividere informazioni sia per un sano dibattito tra tutti, anche con argomentazioni differenti.
Ma questo, per Caimi pare una scelta “d’opposizione”.
Che significa ? Da quando chiedere di informare e di dibattere è diventato “fare opposizione” ?
Ma forse, anche qui fa tutto il Sindaco.

Insomma invece di attacchi “ad personam” sarebbe più opportuna una profonda riflessione sul metodo e sulle azioni attuate. Ma forse chiediamo troppo.
Sinistra e Ambiente Meda

Meda 5-12-014

Da Il Giornale di Seregno del 09-12-014

sabato 6 dicembre 2014

MEDA: MERCOLEDI' 10-12-014 CONSIGLIO COMUNALE SU PEDEMONTANA

Dopo la richiesta di convocazione di un Consiglio Comunale sulla Pedemontana sottoscritta da 5 Consiglieri, l'OdG proposto è stato inserito al primo punto in un Consiglio Comunale che si terrà in data MERCOLEDI 10-12-014 dalle ore 20.30 presso il palazzo Comunale in Piazza Municipio a Meda.


giovedì 4 dicembre 2014

"MAFIA CAPITALE" E IL LUCRO SULLE EMERGENZE


L'inchiesta "Mafia Capitale" della Procura di Roma ha scoperchiato l'ennesimo verminaio di questo povero paese, balzato al primo posto in Europa nel rapporto Trasparency International per quanto riguarda l'indice della CORRUZIONE percepita.

Una corruzione e un malaffare che in quel di Roma coinvolge personaggi della destra neofascista, della malavita, gestori di cooperative sociali, funzionari collusi, ex assessori della giunta capitolina e presidenti di consiglio targati Pd.
C'è un aspetto ODIOSO e particolarmente DISGUSTOSO tra i "rami d'affari" di questa cupola. Quello sulla gestione delle "emergenze" Rom e Sinti e quello sui rifugiati.
Hanno "lucrato" anche su questo, aumentando a dismisura l'inserimento di persone nei campi e nei centri gestiti dalle cooperative legate a questo malaffare, immaginatevi con quale servizi poi effettivamente resi e con quali conseguenti tensioni sul territorio .
Un ciclo che in quel di Roma non ha fatto altro che alimentare poi dimostrazioni di stampo razzista e la becera campagna della destra xenofoba contro i campi e i centri di prima accoglienza.
Questo è il nostro paese.
Sotto, due articoli de Il Manifesto che illustrano con chiarezza la vicenda.

Mafia capitale dell’emergenza
Roma. Il «pericolo» rom, l'allarme immigrati e gli sbarchi di minori non accompagnati dal Nord Africa. Occasioni ben colte dal sistema di corruzione politico-criminale ricostruito nell'inchiesta «Mondo di mezzo».Dai «campi nomadi» ai centri di accoglienza: il giro d'affari dei solidalizi «mafiosi» indagati dalla procura di Pignatone. E gli enti che si sono arricchit.

Campo rom di Castel Romano«Lo sai quanto ci gua­da­gno sugli immi­grati? Il traf­fico di droga rende meno», dice Sal­va­tore Buzzi, pre­si­dente della Coo­pe­ra­tiva 29 giu­gno (ade­rente alla Lega­Coop), durante una tele­fo­nata inter­cet­tata dai Ros nell’ambito dell’inchiesta sulla «mafia capi­tale». Poi, in un’altra con­ver­sa­zione: «Tutti i soldi utili li abbiamo fatti sui zin­gari, sull’emergenza allog­gia­tiva e sugli immi­grati». Nell’ordinanza di arre­sto fir­mata dal Gip Fla­via Costan­tini si ripor­tano i con­tatti dei sodali di Buzzi con Ema­nuela Sal­va­tori, respon­sa­bile rom e sinti del V Dipar­ti­mento del Campidoglio.



Gli inve­sti­ga­tori in più parti rife­ri­scono «la capa­cità» dei soda­lizi inda­gati «di inter­fe­rire nelle deci­sioni dell’Assemblea Capi­to­lina in occa­sione della pro­gram­ma­zione del bilan­cio plu­rien­nale 2012/2014 e rela­tivo bilan­cio di asse­sta­mento di Roma Capi­tale, avva­len­dosi degli stretti rap­porti sta­bi­liti con fun­zio­nari col­lusi dell’amministrazione locale, al fine di otte­nere l’assegnazione di fondi pub­blici per rifi­nan­ziare “i campi nomadi”, la puli­zia delle “aree verdi” e dei “Minori per l’emergenza Nord Africa”, tutti set­tori in cui ope­rano le società coo­pe­ra­tive di Sal­va­tore Buzzi».
E in effetti è sulle «emer­genze», lo sap­piamo — in que­sto caso rom, rifu­giati e minori non accom­pa­gnati, altre volte sono state le cala­mità natu­rali — che si costrui­sce la for­tuna della cri­mi­na­lità orga­niz­zata. Non a caso il 21 mag­gio 2008, l’allora pre­mier Sil­vio Ber­lu­sconi firmò il decreto per dichia­rare lo «stato di emer­genza in rela­zione agli inse­dia­menti di comu­nità nomadi» che venne poi pro­ro­gato fino a tutto il 2011. Ed è la Capi­tale il labo­ra­to­rio per la rea­liz­za­zione del “sistema campi”, più volte stig­ma­tiz­zato dalle isti­tu­zioni europee.
Fu «pro­prio nel trien­nio 2009–2011 che la giunta Ale­manno — rac­conta Carlo Sta­solla, pre­si­dente dell’Associazione 21 luglio — spese, per la gestione degli 11 inse­dia­menti isti­tu­zio­nali nei quali vivono circa 5.000 degli 8.000 rom pre­senti a Roma e per le 54 azioni di sgom­bero for­zato che hanno coin­volto circa 1.200 rom, oltre 34 milioni di euro l’anno». Un conto pre­sto fatto se si aggiunge alla gestione cor­rente del “sistema campi”, che costa al Cam­pi­do­glio circa 24 milioni l’anno, i 32 milioni repe­riti dal Vimi­nale per accom­pa­gnare il trien­nio dell’emergenza, durante il quale tutto era per­messo, e i soldi veni­vano ero­gati ad affi­da­mento diretto, senza bandi di con­corso. «In realtà è prassi anche della gestione cor­rente dei campi», con­ti­nua Stasolla.
Pren­diamo per esem­pio il “vil­lag­gio della soli­da­rietà” di Castel Romano, il più grande di Roma, quello che tra il 2010 venne ampliato per acco­gliere le fami­glie rom sgom­be­rate dai “campi tol­le­rati” di La Mar­tora e Tor de’ Cenci. E per il quale, secondo l’ordinanza di arre­sto, Buzzi avrebbe chia­mato il Comune per chie­dere «l’allargamento dell’allargamento». Secondo il dos­sier redatto dalla “21 luglio”, per ospi­tare 989 abi­tanti sono stati spesi nel 2013 (cifra simile anche negli anni pre­ce­denti) 5.354.788 euro, di cui il 70,7% per la gestione, il 17,1% per la sicu­rezza, il 12% per la sco­la­riz­za­zione e zero per l’inclusione sociale. Il 93,5% dei fondi sono stati ero­gati in affi­da­mento diretto ai 16 sog­getti ope­ranti. Ma è Eri­ches (l’Ati della coo­pe­ra­tiva di Buzzi, la 29 giu­gno) che si aggiu­dica la mag­gior parte del mal­loppo: il 36,1% dei fondi.
Com­ples­si­va­mente, per segre­gare 4391 rom negli 8 vil­laggi attrez­zati, si sono spesi 16,4 milioni di euro l’anno; per con­cen­trare 680 per­sone nei 3 «cen­tri di rac­colta rom», i romani hanno pagato altri 6,2 milioni circa; e per allon­ta­nare 1231 per­sone nei 54 sgom­beri for­zati del 2013 se ne sono andati altri 1,5 milioni.
L’altro grande affare è quello dei rifu­giati e richie­denti asilo, per cia­scuno dei quali gli enti gestori che vin­cono i bandi emessi dal Vimi­nale attin­gendo ai fondi Sprar (il Sistema di pro­te­zione per richie­denti asilo) per­ce­pi­scono 35 euro al giorno. Secondo l’inchiesta di Pigna­tone, Luca Ode­vaine, il capo gabi­netto di Vel­troni, si sarebbe ado­pe­rato (ma que­sto non è un cri­mine) per orien­tare i flussi di smi­sta­mento sul ter­ri­to­rio ita­liano dei rifu­giati facendo levi­tare da 250 a 2500 i posti asse­gnati a Roma.
Ma è sui minori non accom­pa­gnati che il «Mondo di mezzo», secondo gli inqui­renti, con­cen­tra mag­gior­mente le atten­zioni. Ovvio, per­ché per ogni ragazzo stra­niero il bud­get ero­gato sale a circa 50 euro al giorno. Durante l’«emergenza Nord Africa» del 2011, a Roma arri­va­rono circa due­mila minori, anche se «a volte, quando arri­va­vano nei cen­tri, ci accor­ge­vamo che in realtà erano adulti e dove­vamo rifiu­tarli», rac­conta Gabriella Errico, pre­si­dente della coo­pe­ra­tiva Un sor­riso che gesti­sce il cen­tro di Tor Sapienza bal­zato agli onori delle cro­na­che. L’assegnazione della gestione delle strut­ture, in quel periodo, veniva fatta «solo ed esclu­si­va­mente dal Comune» senza bandi.
«Re incon­tra­stato dell’assegnazione dei pro­getti per l’accoglienza rifu­giati e minori è il con­sor­zio Eri­cles che fa capo alla Coop. 29 giu­gno — rac­conta Clau­dio Gra­ziano, respon­sa­bile rifu­giati dell’Arci — seguita dalla Domus cari­ta­ris, del Vica­riato e da Axi­lium e Arci­con­fra­ter­nita, eredi della vec­chia La Cascina, di Comu­nione e libe­ra­zione». Tutti gli altri enti gestori arri­vano lar­ga­mente dopo. «Anche se — aggiunge Gra­ziano — distri­carsi nel gine­praio di enti che gesti­scono i cen­tri per minori è dif­fi­ci­lis­simo per­ché cam­biano con­ti­nua­mente nome».
Non solo: tra cen­tri affi­dati dagli enti locali con i fondi Sprar e quelli aperti dalla pre­fet­tura nei periodi di “emer­genza” «nes­suno sa bene quante siano le risorse e come ven­gono distri­buite». «In tanti anni che lo chie­diamo — con­clude Gra­ziano — non siamo mai riu­sciti ad otte­nere un tavolo di coor­di­na­mento di que­sti ser­vizi di accoglienza».


Sequestrati beni per 200 milioni. 
Le indagini puntano alla Regione
Mafia capitale. Decisivo per i pm il ruolo di Carminati. Alemanno: «Ho sbagliato dal punto di vista umano»
Massimo Carminati
Ieri mat­tina, a Regina Coeli, sono comin­ciati gli inter­ro­ga­tori. Nes­suno dei 14 inda­gati sen­titi dai magi­strati, tranne l’ex ad dell’Ama Franco Pan­zi­roni, ha aperto bocca. Lo stesso Pan­zi­roni non è andato oltre il riba­dire la pro­pria inno­cenza. Ma la vicenda è appena all’inizio. Fil­trano voci su una nuova e immi­nente ondata di iscri­zioni nel regi­stro degli inda­gati, e que­sta volta toc­che­rebbe alla Regione Lazio.
La magi­stra­tura, intanto, ha dispo­sto il seque­stro dei beni di alcuni inda­gati: robetta da 204 milioni. Mac­chine, ter­reni, appar­ta­menti, negozi, quote socie­ta­rie: di tutto si può dubi­tare tranne che del rapido arric­chi­mento dei pre­sunti ade­renti all’organizzazione ribat­tez­zata dagli inqui­renti «Mafia Capi­tale». Una parte di quei capi­tali, 40mila euro, sarebbe finita anche alla Fon­da­zione Nuova Ita­lia dell’ex sin­daco di Roma Gianni Ale­manno, che si è auto­so­speso da tutte le cari­che in Fra­telli d’Italia e al Tg1 ha dichia­rato: «Sicu­ra­mente ho sba­gliato a sot­to­va­lu­tare la com­po­nente umana, non ho dato la giu­sta atten­zione alla scelta della squa­dra, mi assumo la respon­sa­bi­lità poli­tica». Ma è solo una delle onde che si avviano a som­mer­gere la poli­tica romana, e nep­pure la più grossa. Nell’epicentro del ter­re­moto c’è il Pd.
Il M5S chiede lo scio­gli­mento del Comune, la pre­si­dente della Camera Laura Bol­drini esprime«sdegno totale». L’esponente del Pd della capi­tale Roberto Moras­sut vuole «l’azzeramento del Pd romano». Il sin­daco Igna­zio Marino pro­mette che «con i cit­ta­dini one­sti Roma cam­bierà dav­vero». Ma non sono gli stre­piti, que­sti e molti altri, a resti­tuire il senso di quanto pro­fonda sia la scossa. Sono i fatti in sé, senza biso­gno di com­menti.
L’elemento da alcuni punti di vista più inquie­tante dell’intera vicenda è la faci­lità con cui Mas­simo Car­mi­nati è pas­sato dal con­trollo quasi totale sugli appalti e sulle nomine nel corso dell’era Ale­manno alla con­ferma di un potere quasi iden­tico con i suc­ces­sori.
Stando a quanto la magi­stra­tura ha deciso di ren­dere pub­blico, pro­prio del potere per­so­nale di Car­mi­nati si tratta. Più che di «Mafia Capi­tale» si dovrebbe infatti par­lare di «Car­mi­nati Capi­tano». Nella rico­stru­zione degli inqui­renti, l’ex «Nero» della Magliana non è solo «la figura api­cale», ma il perno intorno a cui ruota ogni cosa, tutt’al più in tan­dem con Sal­va­tore Buzzi, l’ex dete­nuto comune (omi­ci­dio col­poso ai danni della con­sorte) che aveva creato un impero nelle coo­pe­ra­tive sociali, a par­tire da quella coo­pe­ra­tiva «29 giu­gno» for­te­mente spon­so­riz­zata e poi pro­tetta dall’ex asses­sore regio­nale al Bilan­cio Angiolo Mar­roni, Pd (non coin­volto, va sot­to­li­neato, nell’inchiesta in corso). L’elemento coer­ci­tivo in base al quale la pro­cura di Roma con­te­sta l’associazione mafiosa ex 416bis è costi­tuito, a conti fatti, solo dalla pre­senza di Car­mi­nati, suf­fi­ciente, scri­vono gli inqui­renti, a incu­tere ter­rore. In realtà di epi­sodi di vio­lenza, per quanto riguarda il «mondo di sopra», non ne risul­tano quasi, e anche le minacce sono limi­tate. A ren­derle temi­bili è solo il fatto che pro­ven­gano da tanto cri­mi­nale.
Almeno stando a quel che se ne sa al momento, l’aspetto dell’associazione mafiosa è dav­vero fra­gile, basato appunto all’80% e oltre sulla par­te­ci­pa­zione, anzi sulla dire­zione, di Car­mi­nati. Con tutta la fidu­cia pos­si­bile nei togati, è un po’ poco. Soprat­tutto, la defla­grante accusa di aver costi­tuito una Cosa Nostra roma­ne­sca rischia di non met­tere nel dovuto risalto quel che l’inchiesta e le inter­cet­ta­zioni rac­con­tano del livello, che dire basso è ancora niente, rag­giunto dalla poli­tica a Roma, come pro­ba­bil­mente in molte altre impor­tanti realtà locali. Non a caso una quan­tità di vicende affron­tate dagli inqui­renti è citata nelle carte per dare un’idea della situa­zione, ma senza che sia stato rac­colto il mate­riale pro­ba­to­rio neces­sa­rio per pro­ce­dere.
A leg­gere le carte dell’inchiesta non sem­bra tanto di tro­varsi di fronte al Padrino quanto a una ver­sione all’amatriciana, ma non meno igno­bile, di House of Cards. Pres­sioni, mano­vre, anche minacce, cor­ru­zione, con­di­zio­na­menti di ogni tipo per piaz­zare le per­sone ingiu­ste al posto giu­sto. In realtà, più che ai suoi tra­scorsi cri­mi­nali con la Magliana, sem­bra che Car­mi­nati debba il potere e l’influenza di cui gode a quelli di neo­fa­sci­sta noto e sti­mato in quell’ambiente. Dicono ad esem­pio che pro­prio Car­mi­nati abbia offerto la pro­pria alta garan­zia a soste­gno di Ric­cardo Man­cini, l’ex ad di Eur spa, inviso ai suoi ex came­rati arri­vati al potere a Roma per alcune dela­zioni e accuse ai tempi degli spari. E ancora Car­mi­nati avrebbe speso il suo per­sua­sivo cari­sma per con­vin­cere l’ex capo della segre­te­ria di Ale­manno, Luca­relli, a con­fer­mare il ruolo della coo­pe­ra­tiva di Buzzi «29 giu­gno», ini­zial­mente desti­nata a essere affon­data in quanto ere­dità della pas­sata ammi­ni­stra­zione di cen­tro­si­ni­stra.
Ma qua­lun­que fosse il fon­da­mento del potere di Car­mi­nati è un fatto che, dopo aver tra­sfor­mato gli appalti romani (e non solo) in una fonte ine­sau­ri­bile di arric­chi­mento con la giunta Ale­manno, il gruppo abbia pro­se­guito col vento in poppa anche con l’amministrazione di cen­tro­si­ni­stra. Lo ha fatto, se le accuse saranno con­fer­mate, molto più com­prando che minac­ciando. In diverse inter­cet­ta­zioni Buzzi parla senza mezzi ter­mini di Mirko Coratti, pre­si­dente dell’assemblea capi­to­lina, come di un dipen­dente a libro paga.
Sarà la magi­stra­tura a sta­bi­lire quanto il malaf­fare sia per­meato all’interno del Cam­pi­do­glio che però, oggi, appare come una fogna a cielo aperto.

sabato 29 novembre 2014

SULL'AGGREGAZIONE BEA-CEM E SUL FORNO INCENERITORE DI DESIO


Nel Consiglio Comunale di Meda del 27/11/014 si è trattato il tema del progetto di aggregazione tra Brianza Energia Ambiente (Bea) e Consorzio Est Milano (Cem Ambiente), i due soggetti che si occupano di rifiuti. Il comune di Meda, ricordiamolo è socio di BEA al 7,34%.
Il primo passaggio contemplato nel progetto di fusione è l'emissione ex novo e il successivo acquisto incrociato di un pacchetto di azioni per un valore di 750.000 euro per cui BEA si troverebbe a possedere il 4,97% del capitale di CEM e CEM il 4,76% del capitale di BEA.
Dopo tale operazione e entro la data del 31-12-2016, le due società dovranno dare applicazione al Piano di Aggregazione e Sviluppo (vedi a fondo post l'allegato), potranno anticipare la fusione o potranno decidere, anche separatamente, la chiusura di tale procedimento.

Insomma, all'apparenza in Consiglio ci si doveva occupare di una mera delibera per autorizzare un aumento di capitale per BEA finalizzato all'acquisto di azioni CEM.
Come ambientalisti, non potevamo però esimerci dal rimarcare alcune riflessioni e valutazioni rispetto all'intero panorama sia dell'aggregazione sia sulle preoccupazioni concernenti le politiche di BEA per il FORNO INCENERITORE DI DESIO.

Ora, è per noi un fattore positivo che si cerchi di costruire un nuovo soggetto PUBBLICO che gestisca il ciclo dei rifiuti. Un ciclo delicato e complicato, in cui il controllo pubblico è per noi essenziale per poter decidere il piano industriale, le tipologie e le priorità d'investimento. 
Un controllo pubblico che non deve essere evidentemente spartizione di cariche ma deve consentire l'efficenza e la rispondenza a criteri di trasparenza e dove deve pesare anche la componente sociale e ambientale e non solo quella economica.

E qui sta il punto.
L'attuale piano industriale di BEA (ce ne siamo occupati qui) non contlempa un'indicazione chiara che porti in tempi ragionevoli alla dismissione della tecnologia d'incenerimento e alla chiusura del forno di Desio, soppiantandolo con altre tecnologie che consentano il recupero spinto del rifiuto
Non la contlempa perchè non accantona risorse economiche utili al "decommising" del forno ma solo per generici studi affidati a terzi (al Politecnico ma non a altre esperienze avanzate).
Non è la stessa cosa di un accantonamento di fondi SPECIFICO, MIRATO e FINALIZZATO.
La fusione BEA-CEM, se arriverà a compimento, porterà alla costituzione di una realtà nuova in grado di erogare il servizio integrato di gestione dei rifiuti su 60 comuni (+ 2 che a breve entreranno) per un totale di 750.000 abitanti e la bellezza di 372.000 t/anno di rifiuti attualmente trattati.
Anche ipotizzando che si centri l'obiettivo di una raccolta differenziata pari all'80% (vedi piano), secondo le stime in progressione del gruppo di lavoro dello stesso Pd provinciale, resterebbe una quantità di rifiuto residuo pari a circa 67.000 t/anno, più che sufficiente a portare alla saturazione il forno inceneritore di Desio per gli anni futuri.
Con questo quantitativo, si coprirebbe la differenza tra i rifiuti inceneriti (attualmente in prevalenza provenienti dal bacino d'utenza di BEA ma con volumi inferiori alle capacità di trattamento massime del forno) e la capacità d'incenerimento autorizzata pari a più di 90.000 t/anno (276 t/giorno).
Una condizione che garantirebbe un volume costante e certo di "carburante" per l'inceneritore di Desio.
Una condizione per cui l'incenerimento rischia di confermarsi come una scelta perenne.

Per questo, come ambientalisti oggi come in occasione della passata discussione in CC, (vedi qui e anche qui) continuiamo quindi  a chiedere che nel piano industriale sia definito chiaramente l'obiettivo del superamento e dell'accantonamento dell'incenerimento, con l'implementazione di nuove tecnologie.
Una richiesta che può essere portata dai Sindaci o loro delegati (se ne hanno la volontà politica) nell'assemblea dei soci BEA in vista di un nuovo piano industriale per la nuova realtà che nascerà dalla fusione.

Per la ragione semplice che l'argomento dovrà di nuovo essere preso in esame, al compimento della fusione, in Consiglio Comunale, il nostro rappresentante Colombo, ha evidenziato la necessità che questo argomento sia trattato con i dovuti gradi di approfondimento in sede di deputata commissione, invitando PER TEMPO a relazionare non solo i vertici di BEA ma anche enti indipendenti che hanno prodotto studi sulla gestione del ciclo dei rifiuti in Brianza quali, ad esempio, la Scuola di Agraria di MB.

Di questa complicata partita si deve prendere consapevolezza completa oltretutto considerando che in molti comuni del Bacino BEA, sulla raccolta rifiuti operano altri operatori (GELSIA e ECONORD), con politiche gestionali differenti.
A Meda, in particolare, la raccolta  è appaltata a ECONORD che gestisce la piattaforma ecologica di Lentate al servizio anche di Meda e con un contratto che scadrà nel 2016.

Le variabili sono molte e per Sinistra e Ambiente, la giunta di Caimi non può proporre sempre e solo un metodo di lavoro "last minute" su decisioni immodificabili dell'esecutivo.

Dopo aver esplicitato e argomentato quanto sopra, il nostro voto sull'OdG specifico in CC è stato di astensione.



Per approfondire: il documento tecnico sulle capacità autorizzate per l'impianto di Desio.



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