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CRONACHE DA CHI SI IMPEGNA A CAMBIARE IL PAESE DEI CACHI E DEI PIDUISTI.
"Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente,
ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere,
se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?"
Antonio Gramsci-politico e filosofo (1891-1937)
OMAGGIO ALLA RESISTENZA.
Ciao Dario, Maestro, indimenticabile uomo, innovativo, mai banale e sempre in prima fila sulle questioni sociali e politiche.
Ora sei di nuovo con Franca e per sempre nei nostri cuori.

"In tutta la mia vita non ho mai scritto niente per divertire e basta.
Ho sempre cercato di mettere dentro i miei testi quella crepa capace di mandare in crisi le certezze, di mettere in forse le opinioni, di suscitare indignazione, di aprire un po' le teste.
Tutto il resto, la bellezza per la bellezza, non mi interessa."

(da Il mondo secondo Fo)

mercoledì 23 luglio 2014

GAZA, UN MASSACRO INDISCRIMINATO


In questi giorni il pensiero non può fare a meno di andare a GAZA, sottoposta a violentissimi e spesso indiscriminati bombardamenti da parte dell'esercito Israeliano e ora pure con un intervento via terra in atto. Ancora una volta sono i civili palestinesi a pagare il prezzo più alto, con morti e feriti. Pagano per l'ostinazione con cui si nega loro il diritto alla terra e all'indipendenza, tenendoli chiusi nella gabbia della disperazione di Gaza o relegandoli in Cisgiordania in un territorio residuo circondato da un muro fatto di cemento e di insediamenti coloniali illegittimi e, di fatto, sotto occupazione militare da parte di Israele.
Israele ha il diritto di esistere, ma lo ha anche la Palestina. Certo Hamas tira razzi sul territorio d'Israele e non è un esempio di tolleranza e democrazia (ma nemmeno Israele lo è visto che le sue leggi sono spesso discriminatorie verso i palestinesi), ma è proprio la guerra e lo stato continuo di tensione che rafforza Hamas. C'è un'evidente sproporzione nell'azione militare in corso che mostra una inaccettabile volontà punitiva verso TUTTI i palestinesi. Bombardare Gaza che ha una densità elevata di abitanti significa essere consci di fare in prevalenza vittime civili. Questo è l'ennesimo massacro cui non si può restare indifferenti.

Gaza, 135mila in fuga dalle bombe

Striscia di Gaza. Per l’ambasciatore israeliano negli Usa, Ron Dermer ,le Forze Armate del suo paese starebbero combattendo con «inimmaginabile contenimento». I dati dell'Unicef sui bambini palestinesi morti dicono l'esatto contrario. Ha superato 600 il totale dei palestinesi uccisi. Caduti in combattimenti anche 28 soldati israeliani
Il pre­mio Nobel per la pace alle Forze Armate israe­liane. A lan­ciare la can­di­da­tura è Ron Der­mer, gio­vane poli­tico israe­liano desti­nato a una bril­lante car­riera. In quota Likud, ex con­si­gliere del pre­mier Benya­min Neta­nyahu, è ora amba­scia­tore nel paese più potente al mondo e stretto alleato di Israele, gli Stati Uniti. Par­te­ci­pando ieri a Washi­gn­ton a una con­fe­renza dei “Cri­stiani Uniti per Israele”, Der­mer si è sca­gliato con­tro le Nazioni Unite, i cen­tri per i diritti umani e le agen­zie uma­ni­ta­rie inter­na­zio­nali che accu­sano Israele di cri­mini di guerra a Gaza. Per l’ambasciatore israe­liano le Forze Armate israe­liane meri­tano il pre­mio Nobel per la pace per­chè sta­reb­bero com­bat­tendo con «inim­ma­gi­na­bile con­te­ni­mento» nei con­fronti di un nemico spie­tato, respon­sa­bile di tutto e di più. Poi ha pro­nun­ciato una frase che rimarrà scol­pita nella sto­ria dell’operazione “Mar­gine Pro­tet­tivo”: «Non tol­lero le cri­ti­che che sono rivolte al mio Paese nel momento in cui i sol­dati israe­liani stanno morendo per far vivere i pale­sti­nesi innocenti».
Leg­gendo quelle dichia­ra­zioni ci viene da pen­sare ai quat­tro bam­bini Bakr, uccisi da due colpi spa­rati dalla Marina israe­liana con­tro la spiag­gia di Gaza city. Oppure a quella madre con in brac­cio il figlio e il ter­rore scol­pito sul suo volto che abbiamo visto dome­nica men­tre scap­pava da Shu­jayea sotto le can­no­nate. O ancora ai 27 mem­bri della fami­glia Abu Jami ster­mi­nati, bam­bini inclusi, da mis­sile a est di Khan Yunis. Tutto falso, non è mai avve­nuto, una men­zo­gna lunga due set­ti­mane rac­con­tata dai gior­na­li­sti, pale­sti­nesi e stra­nieri, col­pe­voli di rife­rire cosa accade nella Stri­scia di Gaza. E’ que­sta ver­sione che si sta cer­cando di far pas­sare ovun­que per infan­gare chi fa infor­ma­zione a Gaza e, più di tutto, per get­tare nell’oblio oltre 600 vite umane palestinesi.
Dirà bugie anche l’Unicef, che rife­ri­sce che un totale di 121 bam­bini e ragazzi pale­sti­nesi sono stati uccisi dai raid israe­liani a Gaza dall’8 al 21 luglio, di età tra i 5 mesi e i 17 anni. Due bam­bini su tre hanno meno di 12 anni. 904 bam­bini risul­tano feriti. A chi è scam­pato alla morte, serve urgente soste­gno psi­co­so­ciale spe­cia­liz­zato per affron­tare il trauma che stanno vivendo in seguito alla morte di parenti o il loro feri­mento o la per­dita della pro­pria casa. Il por­ta­voce dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari uma­ni­tari, Jens Laerke (sarà un bugiardo anche lui?) descrive una situa­zione deva­stante sul fronte della pro­te­zione per la popo­la­zione. A Gaza, meno di 400 kmq, dice Laerke, «non c’è let­te­ral­mente alcun posto sicuro per i civili». Pesano anche le carenze di for­ni­ture ospe­da­liere e medi­ci­nali. Diciotto strut­ture sani­ta­rie – come l’ospedale al Aqsa di Deir al Balah, col­pito da una can­no­nata due giorni fa — sono state dan­neg­giate, inclusi tre ospe­dali, denun­cia l’Organizzazione mon­diale della sanità (Oms). Senza dimen­ti­care che 1,7 milioni di pale­sti­nesi di Gaza non hanno accesso o solo un accesso limi­tato all’acqua.
Come si atten­de­vano un po’ tutti, dopo il mas­sa­cro di doz­zine di civili e il mas­sic­cio bom­bar­da­mento tra sabato e dome­nica a Shu­jayea, i civili pale­sti­nesi scap­pano non appena appren­dono di movi­menti di reparti coraz­zati israe­liani. Ieri nel giro di poche ore, i cen­tri abi­tati di Sheikh Zayed e Tel Zaa­tar, a nord di Gaza, si sono svuo­tati sotto la furia dei can­no­neg­gia­menti israe­liani a ridosso delle case. Men­tre i com­bat­ti­menti tra truppe israe­liane e mili­ziani pale­sti­nesi si avvi­ci­nano al campo pro­fu­ghi di Jaba­lya (70 mila abi­tanti). La gente fug­gendo nel panico, diri­gen­dosi verso le scuole dell’Unrwa, l’agenzia dell’Onu che assi­ste i pro­fu­ghi pale­sti­nesi. Fonti gior­na­li­sti­che locali sti­mano che a Gaza gli sfol­lati siano 135 mila, 90 mila dei quali ospiti dell’Unrwa. Una richie­sta di aiuto viene lan­ciata in que­ste ore pro­prio dall’Unrwa. L’agenzia comu­nica di non poter più sfa­mare le decine di migliaia di pale­sti­nesi che in que­sti giorni ha accolto nelle pro­prie strut­ture nella Stri­scia. Sono neces­sari aiuti imme­diati per 60 milioni di dollari.
A dare un aiuto alle Nazioni Unite, ci sono anche le orga­niz­za­zioni non gover­na­tive. Il coor­di­na­mento di quelle ita­liane che ope­rano in Pale­stina ha lan­ciato una cam­pa­gna di rac­colta di medi­ci­nali, acqui­state a Ramal­lah gra­zie a dona­zioni di tanti ita­liani, e poi por­tate a Gaza dal Pale­sti­nian Medi­cal Relief (non senza dif­fi­coltà). Con­tri­bui­sce anche l’ufficio di Geru­sa­lemme della Coo­pe­ra­zione gover­na­tiva ita­liana che ha stan­ziato fondi per l’emergenza. «Col­la­bo­riamo con il Cen­tro Ita­liano e varie asso­cia­zioni locali per acqui­stare mate­rassi, coperte e pro­dotti di prima neces­sità per gli sfol­lati – spiega Meri Cal­velli, dell’Acs di Padova che in que­sti giorni sta coor­di­nando per conto delle ong ita­liane gli aiuti ai civili pale­sti­nesi – La nostra distri­bu­zione avviene in alcune delle scuole dove hanno tro­vato allog­gio gli sfol­lati e diret­ta­mente alle fami­glie che hanno per­duto tutto, che non hanno più la casa e che sono ospi­tate in sta­bili qui a Gaza city. A darci una mano ci sono tan­tis­simi volon­tari pale­sti­nesi, gio­vani soprat­tutto, che ci aiu­tano anche nella com­pi­la­zione degli elen­chi delle fami­glie da aiutare».
Il Cairo potrebbe dare un con­tri­buto impor­tante nell’accoglimento degli sfol­lati, sul ver­sante egi­ziano della fron­tiera di Rafah ad esem­pio, e per allen­tare la pres­sione sugli ospe­dali pale­sti­nesi schiac­ciati sotto il peso di oltre 3mila feriti (senza con­tare che gli obi­tori non rie­scono più a con­te­nere i cada­veri che arri­vano in con­ti­nua­zione). Ma dalle auto­rità egi­ziane arriva un’assistenza limi­tata. Il regime del pre­si­dente Abdel Fat­tah al Sisi è tena­ce­mente schie­rato con­tro Hamas, per­chè parte dei Fra­telli Musul­mani, ma attua misure che col­pi­scono sol­tanto la popo­la­zione civile pale­sti­nese. Sino ad oggi solo 47 feriti pale­sti­nesi hanno potuto rag­giun­gere gli ospe­dali egi­ziani e nei 15 giorni di offen­siva mili­tare israe­liana ci sono stati appena 2.230 ingressi di pale­sti­nesi in Egitto e 1.194 di loro pas­saggi dal ter­ri­to­rio egi­ziano alla Stri­scia. Numeri molto bassi rispetto all’emergenza di Gaza ma che comun­que con­sen­tono a Sisi di smen­tire chi denun­cia che l’Egitto per il blocco del pas­sag­gio di feriti attra­verso il valico di Rafah. Secondo il Cairo sarebbe addi­rit­tura Hamas, a fini pro­pa­gan­di­stici, a non inviare i feriti per otte­nere una inter­na­zio­na­liz­za­zione del valico.
Il brac­cio armato di Hamas ha sfer­rato ieri sera un nuovo attacco spa­rando una salva di razzi verso le città israe­liane di Ash­dod e di Ash­qe­lon. Altri razzi erano stati spa­rati in pre­ce­denza. Non ci sono stati danni o feriti. Il numero com­ples­sivo dei lanci da Gaza è comun­que calato in maniera signi­fi­ca­tiva ma ciò non ha impe­dito a diverse com­pa­gnie aeree sta­tu­ni­tensi ed euro­pee di sospen­dere i voli per Tel Aviv, chi a tempo inde­ter­mi­nato e chi solo per poche ore. Non calano d’intensità invece i raid aerei israe­liani e i can­no­neg­gia­menti. In via Bagh­dad a Shu­jayea ieri sono stati estratti altri cada­veri, rima­sti sotto le mace­rie da dome­nica scorsa. I morti pale­sti­nesi ieri sono stati una ses­san­tina, in totale 616 e 3750 i feriti. Il Canale 10 israe­liano ha con­fer­mato che la matri­cola del sol­dato disperso, Oron Shaul, cor­ri­sponde a quella dichia­rata dome­nica da Hamas che afferma di aver fatto pri­gio­niero il mili­tare. Ieri è stata comu­ni­cata la morte di altri due sol­dati (sono una tren­tina in totale). Israele però va avanti e secondo i media locali l’offensiva durerà ancora per una o due settimane.

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