In questi giorni il pensiero non può fare a meno di andare a GAZA, sottoposta a violentissimi e spesso indiscriminati bombardamenti da parte dell'esercito Israeliano e ora pure con un intervento via terra in atto. Ancora una volta sono i civili palestinesi a pagare il prezzo più alto, con morti e feriti. Pagano per l'ostinazione con cui si nega loro il diritto alla terra e all'indipendenza, tenendoli chiusi nella gabbia della disperazione di Gaza o relegandoli in Cisgiordania in un territorio residuo circondato da un muro fatto di cemento e di insediamenti coloniali illegittimi e, di fatto, sotto occupazione militare da parte di Israele.
Israele ha il diritto di esistere, ma lo ha anche la Palestina. Certo Hamas tira razzi sul territorio d'Israele e non è un esempio di tolleranza e democrazia (ma nemmeno Israele lo è visto che le sue leggi sono spesso discriminatorie verso i palestinesi), ma è proprio la guerra e lo stato continuo di tensione che rafforza Hamas. C'è un'evidente sproporzione nell'azione militare in corso che mostra una inaccettabile volontà punitiva verso TUTTI i palestinesi. Bombardare Gaza che ha una densità elevata di abitanti significa essere consci di fare in prevalenza vittime civili. Questo è l'ennesimo massacro cui non si può restare indifferenti.
Gaza, 135mila in fuga dalle bombe
Striscia di Gaza.
Per l’ambasciatore israeliano negli Usa, Ron Dermer ,le Forze Armate
del suo paese starebbero combattendo con «inimmaginabile contenimento». I
dati dell'Unicef sui bambini palestinesi morti dicono l'esatto
contrario. Ha superato 600 il totale dei palestinesi uccisi. Caduti in
combattimenti anche 28 soldati israeliani
Il premio Nobel per la pace alle Forze Armate israeliane.
A lanciare la candidatura è Ron Dermer, giovane politico
israeliano destinato a una brillante carriera. In quota Likud, ex
consigliere del premier Benyamin Netanyahu, è ora ambasciatore
nel paese più potente al mondo e stretto alleato di Israele, gli Stati
Uniti. Partecipando ieri a Washignton a una conferenza dei
“Cristiani Uniti per Israele”, Dermer si è scagliato contro le
Nazioni Unite, i centri per i diritti umani e le agenzie umanitarie
internazionali che accusano Israele di crimini di guerra a Gaza.
Per l’ambasciatore israeliano le Forze Armate israeliane meritano il
premio Nobel per la pace perchè starebbero combattendo con
«inimmaginabile contenimento» nei confronti di un nemico
spietato, responsabile di tutto e di più. Poi ha pronunciato una
frase che rimarrà scolpita nella storia dell’operazione “Margine
Protettivo”: «Non tollero le critiche che sono rivolte al mio Paese
nel momento in cui i soldati israeliani stanno morendo per far vivere
i palestinesi innocenti».
Leggendo quelle dichiarazioni ci viene da pensare ai quattro
bambini Bakr, uccisi da due colpi sparati dalla Marina israeliana
contro la spiaggia di Gaza city. Oppure a quella madre con in braccio
il figlio e il terrore scolpito sul suo volto che abbiamo visto
domenica mentre scappava da Shujayea sotto le cannonate. O ancora
ai 27 membri della famiglia Abu Jami sterminati, bambini inclusi,
da missile a est di Khan Yunis. Tutto falso, non è mai avvenuto, una
menzogna lunga due settimane raccontata dai giornalisti,
palestinesi e stranieri, colpevoli di riferire cosa accade nella
Striscia di Gaza. E’ questa versione che si sta cercando di far
passare ovunque per infangare chi fa informazione a Gaza e, più di
tutto, per gettare nell’oblio oltre 600 vite umane palestinesi.
Dirà bugie anche l’Unicef, che riferisce che un totale di 121
bambini e ragazzi palestinesi sono stati uccisi dai raid israeliani
a Gaza dall’8 al 21 luglio, di età tra i 5 mesi e i 17 anni. Due
bambini su tre hanno meno di 12 anni. 904 bambini risultano feriti.
A chi è scampato alla morte, serve urgente sostegno psicosociale
specializzato per affrontare il trauma che stanno vivendo in seguito
alla morte di parenti o il loro ferimento o la perdita della propria
casa. Il portavoce dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari
umanitari, Jens Laerke (sarà un bugiardo anche lui?) descrive una
situazione devastante sul fronte della protezione per la
popolazione. A Gaza, meno di 400 kmq, dice Laerke, «non c’è
letteralmente alcun posto sicuro per i civili». Pesano anche le
carenze di forniture ospedaliere e medicinali. Diciotto strutture
sanitarie – come l’ospedale al Aqsa di Deir al Balah, colpito da una
cannonata due giorni fa — sono state danneggiate, inclusi tre
ospedali, denuncia l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).
Senza dimenticare che 1,7 milioni di palestinesi di Gaza non hanno
accesso o solo un accesso limitato all’acqua.
Come si attendevano un po’ tutti, dopo il massacro di dozzine di
civili e il massiccio bombardamento tra sabato e domenica
a Shujayea, i civili palestinesi scappano non appena apprendono di
movimenti di reparti corazzati israeliani. Ieri nel giro di poche
ore, i centri abitati di Sheikh Zayed e Tel Zaatar, a nord di Gaza,
si sono svuotati sotto la furia dei cannoneggiamenti israeliani
a ridosso delle case. Mentre i combattimenti tra truppe israeliane
e miliziani palestinesi si avvicinano al campo profughi di
Jabalya (70 mila abitanti). La gente fuggendo nel panico,
dirigendosi verso le scuole dell’Unrwa, l’agenzia dell’Onu che
assiste i profughi palestinesi. Fonti giornalistiche locali
stimano che a Gaza gli sfollati siano 135 mila, 90 mila dei quali
ospiti dell’Unrwa. Una richiesta di aiuto viene lanciata in queste
ore proprio dall’Unrwa. L’agenzia comunica di non poter più sfamare
le decine di migliaia di palestinesi che in questi giorni ha accolto
nelle proprie strutture nella Striscia. Sono necessari aiuti
immediati per 60 milioni di dollari.
A dare un aiuto alle Nazioni Unite, ci sono anche le
organizzazioni non governative. Il coordinamento di quelle
italiane che operano in Palestina ha lanciato una campagna di
raccolta di medicinali, acquistate a Ramallah grazie a donazioni
di tanti italiani, e poi portate a Gaza dal Palestinian Medical
Relief (non senza difficoltà). Contribuisce anche l’ufficio di
Gerusalemme della Cooperazione governativa italiana che ha
stanziato fondi per l’emergenza. «Collaboriamo con il Centro
Italiano e varie associazioni locali per acquistare materassi,
coperte e prodotti di prima necessità per gli sfollati – spiega Meri
Calvelli, dell’Acs di Padova che in questi giorni sta coordinando
per conto delle ong italiane gli aiuti ai civili palestinesi – La
nostra distribuzione avviene in alcune delle scuole dove hanno
trovato alloggio gli sfollati e direttamente alle famiglie che
hanno perduto tutto, che non hanno più la casa e che sono ospitate in
stabili qui a Gaza city. A darci una mano ci sono tantissimi
volontari palestinesi, giovani soprattutto, che ci aiutano anche
nella compilazione degli elenchi delle famiglie da aiutare».
Il Cairo potrebbe dare un contributo importante nell’accoglimento
degli sfollati, sul versante egiziano della frontiera di Rafah ad
esempio, e per allentare la pressione sugli ospedali palestinesi
schiacciati sotto il peso di oltre 3mila feriti (senza contare che gli
obitori non riescono più a contenere i cadaveri che arrivano in
continuazione). Ma dalle autorità egiziane arriva un’assistenza
limitata. Il regime del presidente Abdel Fattah al Sisi
è tenacemente schierato contro Hamas, perchè parte dei Fratelli
Musulmani, ma attua misure che colpiscono soltanto la popolazione
civile palestinese. Sino ad oggi solo 47 feriti palestinesi hanno
potuto raggiungere gli ospedali egiziani e nei 15 giorni di
offensiva militare israeliana ci sono stati appena 2.230 ingressi di
palestinesi in Egitto e 1.194 di loro passaggi dal territorio
egiziano alla Striscia. Numeri molto bassi rispetto all’emergenza di
Gaza ma che comunque consentono a Sisi di smentire chi denuncia che
l’Egitto per il blocco del passaggio di feriti attraverso il valico
di Rafah. Secondo il Cairo sarebbe addirittura Hamas, a fini
propagandistici, a non inviare i feriti per ottenere una
internazionalizzazione del valico.
Il braccio armato di Hamas ha sferrato ieri sera un nuovo attacco
sparando una salva di razzi verso le città israeliane di Ashdod e di
Ashqelon. Altri razzi erano stati sparati in precedenza. Non ci
sono stati danni o feriti. Il numero complessivo dei lanci da Gaza
è comunque calato in maniera significativa ma ciò non ha impedito
a diverse compagnie aeree statunitensi ed europee di sospendere
i voli per Tel Aviv, chi a tempo indeterminato e chi solo per poche
ore. Non calano d’intensità invece i raid aerei israeliani e i
cannoneggiamenti. In via Baghdad a Shujayea ieri sono stati
estratti altri cadaveri, rimasti sotto le macerie da domenica
scorsa. I morti palestinesi ieri sono stati una sessantina, in
totale 616 e 3750 i feriti. Il Canale 10 israeliano ha confermato che
la matricola del soldato disperso, Oron Shaul, corrisponde a quella
dichiarata domenica da Hamas che afferma di aver fatto prigioniero
il militare. Ieri è stata comunicata la morte di altri due soldati
(sono una trentina in totale). Israele però va avanti e secondo i media
locali l’offensiva durerà ancora per una o due settimane.
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