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CRONACHE DA CHI SI IMPEGNA A CAMBIARE IL PAESE DEI CACHI E DEI PIDUISTI.
"Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente,
ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere,
se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?"
Antonio Gramsci-politico e filosofo (1891-1937)
OMAGGIO ALLA RESISTENZA.
Ciao Dario, Maestro, indimenticabile uomo, innovativo, mai banale e sempre in prima fila sulle questioni sociali e politiche.
Ora sei di nuovo con Franca e per sempre nei nostri cuori.

"In tutta la mia vita non ho mai scritto niente per divertire e basta.
Ho sempre cercato di mettere dentro i miei testi quella crepa capace di mandare in crisi le certezze, di mettere in forse le opinioni, di suscitare indignazione, di aprire un po' le teste.
Tutto il resto, la bellezza per la bellezza, non mi interessa."

(da Il mondo secondo Fo)

mercoledì 28 settembre 2016

PONTE SULLO STRETTO: TORNA IL LEITMOTIV DELL'ILLUSIONISTA DI TURNO

Ieri 27-9-016, alla Triennale di Milano, alla festa per i 110 anni della Salini-Impregilo (colosso delle costruzioni nelle infrastrutture), il premier Renzi s'è lanciato in un rispolvero del progetto di realizzazione del ponte di Messina in perfetta continuità con promesse alla Cetto Laqualunque o per chi ricorda, con lo stile di Totò quando vendeva la fontana di Trevi .
Un ritorno, in perfetta continuità con le promesse di berlusconiana memoria, del tutto identiche. 
«Caro Pietro, è una sfida a voi», così il premier, rivolto a Pietro Salini, numero uno del gruppo.
La sfida sarebbe appunto la realizzazione del ponte.
«Io su questo vi sfido, perché noi siamo pronti, abbiamo dimostrato che a noi poche cose fanno paura. Per cui, se voi siete nelle condizioni di portare le carte e di sistemare ciò che è fermo da dieci anni, noi lo sblocchiamo».
Non poteva mancare per completare l'italico quadretto l'annuncio, anch'esso in perfetto stile berlusconiano della creazione di ...... 100 mila posti di lavoro.
I "leitmotive" sono dunque: noi decidiamo, noi siamo pronti, possiamo mettervi a disposizione risorse economiche da buttare e il territorio da devastare. Care imprese, accomodatevi, offriamo noi.
Del resto, da tempo, le decisioni sulle infrastrutture da realizzare non sono prese sulla base di presupposti veritieri e di compatibilità economica bensì per tener fede a fantasiose promesse elettorali e accontentare le imprese delle costruzioni e dell'ingegneria.
Il gruppo Salini-Impregilo è lo stesso che dieci anni fa, con il Governo Berlusconi si aggiudicò la realizzazione del ponte, finito poi in una sequenza di cause legali e di pagamento di penali per la rinuncia alla sua realizzazione da parte del Governo Monti. Insomma, questo progetto ha già causato un pesante sperpero di denaro pubblico.
Da anni più soggetti fanno notare, con realismo e con perizie tecniche ed economiche alla mano, le criticità sismiche, lo sproporzionato costo, l'assenza totale d'una rete stradale e ferroviaria efficente e funzionante in Calabria e Sicilia, l'inesistente convenienza economica del ponte, l'impatto ambientale non sostenibile.
Problemi ed obiezioni che come spesso accade vengono ignorati, preferendo annunci surreali e supponenti ad uso e consumo elettorale come quelle pronunciate da Renzi.

Eppure, come riportato nel sito di Possibile, le dichiarazioni degli esponenti del Pd e dello stesso Renzi erano di tutt'altro tono negli anni passati, quando a suonare la grancassa sul ponte era Berlusconi:

“E’ veramente una presa in giro inqualificabile proporre un’opera faraonica mentre pochi giorni fa le case sono cadute sotto la frana a Messina”, disse, sottolineando come fosse necessario piuttosto “mettere in campo un grande piano di manutenzione delle scuole italiane che cadono a pezzi”. (Dario Franceschini intervistato nel 2009 dal Tg3)
“Berlusconi: prima di morire spero di attraversare il Ponte di Messina. Viva pure a lungo, ma provi a non dire scemenze” (Debora Serracchiani, su Twitter nel 2013)
“I siciliani non hanno l’acqua ma presto, grazie al Ponte sullo Stretto di Messina, avranno pronta una via di fuga” (Roberto Giachetti, giugno 2013)
“Lo considererei un capitolo chiuso (Andrea Orlando, luglio 2013)
Il rapporto costo-benefici non regge: il ponte sullo Stretto costa troppo per essere un ponte ed è un’opera avulsa da strategie”. (Piero Fassino, gennaio 2006)
“Ha ragione il vicepresidente di Confindustria, quando dice che il Ponte è il caviale, mentre il pane sono le strade, ferrovie e i porti per la mobilità interna in Sicilia” (Anna Finocchiaro)
“Siamo qui per opporci ad un capriccio del governo che vuole realizzare un’opera inutile. Si tratta di un’infrastruttura pericolosa per i cittadini e per le casse dello Stato, della quale non abbiamo bisogno”. (Gennaro Migliore, agosto 2009)
Vogliamo un Paese che preferisca la banda larga al ponte sullo Stretto; che dica no al consumo di suolo e sì al diritto di suolo” (Matteo Renzi, Carta di Firenze, 7 novembre 2010).

Ecco, povero Paese, costretto ad assistere a questi penosi numeri circensi.

Renzi cambia rotta e balla sullo Stretto

Governo. Ospite della Salini-Impregilo, che nel 2005 guidava l’associazione di imprese che vinse l’appalto, il premier rilancia il progetto del Ponte di Messina: «Se siete nella condizione di sbloccare le carte, noi ci siamo». E promette «100 mila posti di lavoro»


Non si sa con esattezza quanti soldi siano stati bruciati negli ultimi vent’anni tra carte, studi, progetti preliminari e plastici. Una stima al ribasso indica la cifra di 600 milioni di euro buttati
Basti pensare che per stabilizzare definitivamente i 26 mila precari dei comuni siciliani, figli della politica clientelare dei partiti in Sicilia, ne basterebbero la metà.

L’idea del Ponte sullo Stretto è servita a riempire le tasche di consulenti, progettisti e studi professionali. Berlusconi ne aveva fatto un mantra per fini elettorali, salvo poi abbandonare il progetto. A rilanciarlo qualche mese fa è stato il partito di Angelino Alfano con una mozione approvata in Parlamento. Renzi si era premurato però di smorzare le polemiche immediate, «prima le altre opere utili al Sud e poi parleremo del Ponte». Evidentemente il premier ha avuto feedback positivi se adesso, di botto, ha deciso di cambiare rotta. Il Ponte si può fare. Proprio il giorno dopo l’ufficializzazione della data per il referendum costituzionale. Non sarà il fumoso milione di posti di lavoro di Berlusconi, ma di questi tempi, con l’Istat che rivede al ribasso il Pil e la comunità internazionale che un giorno si e l’altro pure fa le pulci ai conti dello Stato, promettere 100 mila posti di lavoro fa gioco al premier.

Cifra che Renzi ha buttato lì, nel corso dell’assemblea per i 110 anni del gruppo Salini-Impregilo, che nel 2005 era alla testa dell’associazione temporanea di imprese Eurolink Scpa che vinse la gara d’appalto come contraente generale per la costruzione del Ponte con un’offerta di 3,88 miliardi di euro. «Se siete nella condizione di sbloccare le carte e di sistemare quello che è fermo da 10 anni noi ci siamo», ha detto il premier, che ha indicato l’infrastruttura come parte del completamento della Napoli-Palermo, definendola un’opera «utile per tornare ad avere una Sicilia più vicina e per togliere la Calabria dal suo isolamento». Coglie la palla al balzo il numero uno del gruppo, Pietro Salini: «Anche noi ci siamo. Si tratta di parlare con le varie amministrazioni e fare un progetto che non è per noi, ma per il Paese».

Tanto è bastato a riaccendere le polemiche su un opera pensata addirittura nel 250 a.C dai romani. Nonostante la società stretto di Messina Spa sia in liquidazione, continuando comunque a pagare una decina di collaboratori, il numero uno di Anas, Gianni Vittorio Armani, ha immediatamente dato la propria disponibilità: «Se e quando il governo ce lo chiederà, siamo pronti a riavviare l’opera, soprattutto ora che a dicembre sarà terminata la Salerno-Reggio Calabria». Beppe Grillo sul suo blog ha subito stoppato l’idea del «menomato morale». E’ «un’opera che non vedrà mai la luce, già costata circa 600 milioni ai contribuenti» e «Monti stanziò 300 milioni per il pagamento delle penali per la non realizzazione del progetto», sbotta il leader M5S. Aggiungendo che «secondo il piano economico approvato dal Cda della Stretto di Messina Spa il costo dell’opera sarebbe di 8,5 miliardi, mezzo reddito di cittadinanza con cui il M5S salverebbe 10 milioni di italiani dalla fame».

Anche chi prima sosteneva il progetto, come Forza Italia, irride il premier, ma per evidenti schemi politici. Il compito spetta a Renato Brunetta, capogruppo alla Camera: «L’obiettivo del premier è deviare l’attenzione dell’opinione pubblica su un tema che non sia il referendum, considerando anche una campagna per lui tutta in salita». L’altolà istituzionale arriva da Laura Boldrini. Per la presidente della Camera la priorità non è il Ponte ma «rilanciare il lavoro al Sud e poi mettere in sicurezza il nostro territorio, anche in Sicilia e Calabria, regioni sismiche».

Dalla parte del No Italia Nostra e Green Italia. Per il presidente dell’associazione Marco Parini- (Italia Nostra) l’opera sarebbe «devastante per il paesaggio e di dubbia sicurezza per l’elevato rischio sismico del territorio», mentre i portavoce di Green Italia Annalisa Corrado e Oliviero Alotto ricordano a Renzi «le sue sagge parole pronunciate nel 2012, quando disse che invece di parlare del Ponte Messina, sarebbe stato il caso di dare 8 miliardi alle scuole per renderle più moderne e sicure».
E se il governatore Rosario Crocetta appare possibilista («se ci sono i soldi si fa e non sarà certo la Regione a mettersi di traverso»), Leoluca Orlando bolla il progetto come «anacronistico».

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