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CRONACHE DA CHI SI IMPEGNA A CAMBIARE IL PAESE DEI CACHI E DEI PIDUISTI.
"Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente,
ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere,
se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?"
Antonio Gramsci-politico e filosofo (1891-1937)
OMAGGIO ALLA RESISTENZA.
Ciao Dario, Maestro, indimenticabile uomo, innovativo, mai banale e sempre in prima fila sulle questioni sociali e politiche.
Ora sei di nuovo con Franca e per sempre nei nostri cuori.

"In tutta la mia vita non ho mai scritto niente per divertire e basta.
Ho sempre cercato di mettere dentro i miei testi quella crepa capace di mandare in crisi le certezze, di mettere in forse le opinioni, di suscitare indignazione, di aprire un po' le teste.
Tutto il resto, la bellezza per la bellezza, non mi interessa."

(da Il mondo secondo Fo)

sabato 18 novembre 2017

CONA: I RICHIEDENTI ASILO IN MARCIA PER LA DIGNITA'


Del sovraffollamento e delle pessime condizioni del centro di prima accoglienza (CPA) di Cona, ex base militare in provincia di Venezia dove allora risultavano stipati 1400 richiedenti asilo ne avevamo parlato in QUESTA NON E' ACCOGLIENZA.
A distanza di quasi un anno, nonostante le promesse, la situazione è rimasta pressochè immutata, fatto salvo una diminuzione delle persone lì concentrate , comunque oltre le mille unità rispetto ai 540 consentiti dalle abilitazioni della locale ASL (ora ATS).
Così, in questi giorni, esasperati dalle immutate condizioni, circa 250 richiedenti asilo hanno deciso di abbandonare il CPA di Cona e insieme, di raggiungere con una marcia la Prefettura di Venezia.
Una protesta civile e pacifica, purtroppo funestata dalla morte d'un ragazzo ivoriano investito da un'auto, di sera, mentre raggiungeva i compagni in marcia.
Una marcia che ha avuto l'appoggio e la solidarietà delle associazioni locali, della gente e delle parrocchie che hanno aperto le porte delle loro strutture e che ha strappato il risultato della ricollocazione in strutture migliori per i 250 partecipanti alla protesta.
Il Manifesto lo racconta.
Ecco, leggete l'articolo che ancora ora come allora, denuncia situazioni intollerabili e insostenibili che nulla hanno a che fare con una sana accoglienza.



di Ernesto Milanesi VENEZIA Edizione del 18.11.2017

Organizzati si vince:
ricollocati i migranti in marcia per Venezia


A Conetta, almeno loro, non ci torneranno più. E hanno aperto la strada giusta a tutti gli altri, perché l’accoglienza significa dignità.
Le centinaia di migranti che per giorni camminavano a cavallo delle province di Venezia e Padova, alla fine hanno vinto: un letto vero, uno spazio umano e forse perfino un corso d’italiano o tempo da impegnare concretamente. 
Adesso è davvero possibile immaginare di svuotare la struttura, aperta come «accogliente» e rivelatasi semplicemente sbagliata. Va finalmente chiusa per non provare altra vergogna, guardando negli occhi la marea di profughi.
Loro, i vincitori, erano usciti alla spicciolata dal cancello dell’ex base militare Silvestri nella frazione di Cona. A piedi, con la valigia in testa o con il trolley trascinato insieme alla bici. In tre giorni sono diventati un esodo, lungo gli argini del Bacchiglione e del Brenta. Circa 250 migranti «in marcia per la dignità», una specie di piccola Selma nel cuore del Veneto come l’ha definita Gianfranco Bettin.
Soltanto Salif Traore, ivoriano di 35 anni, mancava all’appello: è morto mercoledì sera. Investito da un’auto mentre pedalava verso Codevigo, dove il parroco don Michele Fanton aveva appena aperto la chiesa.
Nell’hub dell’emergenza formato business, nessuno voleva più tornare. 
Per mesi hanno sopportato la gestione delle coop Ecofficina-Edeco (sinonimo dei coniugi Sara Felpati e Simone Borile) tutt’altro che in grado di reggere gli «ospiti». Il 2 gennaio in uno dei bagni si era registrata una morte atroce: Sandrine Bakayoko, 25 anni, ivoriana.
Poi il piccolo municipio era diventato il miraggio di un documento d’identità, prima del sogno di un permesso vero e proprio. Ma il sindaco Alberto Panfilio doveva fare i conti con un ufficio abituato a 2.985 abitanti: al massimo cinque pratiche alla settimana per certificare la «convivenza anagrafica» di oltre mille migranti. E nonostante visite d’autorità, ispezioni parlamentari, processioni di avvocati con attivisti e volontari, a Conetta la vita quotidiana restava un incubo. Prigione a cielo aperto, dimenticata in mezzo alla campagna, nell’indifferenza delle istituzioni.
Finché lunedì il primo drappello dell’ennesima «rivolta» ha mosso il primo passo. «Qui ci trattano come animali. Basta. Andiamo dal prefetto…»: sembrava impossibile, invece si è aperto lo spiraglio con le autorità. La lunga marcia era cominciata, fuori dal piccolo paese, verso Venezia. Cona era l’inferno: non avevano più niente da perdere. La dignità, invece, è stata la molla che ha spinto decine e poi centinaia di migranti verso Codevigo e la mattina dopo verso Mira. 
Con loro all’inizio i militanti dell’Usb di Bologna, i centri sociali del Nord Est, ma anche la Caritas padovana e la gente della Bassa. In marcia, come nei Balcani nell’estate 2015 e verso la tendopoli della vergogna europea di Idomeni nella primavera 2016.
Stesse immagini, identiche storie, uguale umanità senza alternative. La «marcia della dignità» ha messo il Veneto (che sogna l’autonomia, coltiva la piccola patria e raccoglie veleni) davanti allo specchio più nitido per la coscienza e meno adatto a riflettere favole. 
Così i rifugiati di Cona, immobili sul ponte di Bojon davanti all’esercito di poliziotti, hanno incarnato le parole di un papa nel cuore dei vescovi.
Il patriarca Francesco Moraglia – come già il vescovo di Padova Claudio Cipolla- ha risolto in diretta telefonica lo stallo che rischiava di travolgere tutto e tutti. Chiese e strutture parrocchiali spalancate a Mira, Borbiago, Oriago e Gambarare. 
Poi ieri il «censimento» indispensabile a predisporre con la prefettura il definitivo trasferimento in luoghi più consoni. Nel pomeriggio 151 migranti a bordo di bus hanno raggiunto strutture diverse in tutta la regione. Un’altra decina di richiedenti asilo ospitata dalla diocesi, mentre per gli ultimi 90 si stavano completando le operazioni da parte della task force coordinata dal prefetto Carlo Boffi.
Aboubakar dell’Usb ha perso la voce, ma ha vinto la partita dei suoi fratelli africani: «Sono ragazzi che dopo quasi due anni non sanno ancora esprimersi in italiano. È integrazione?».

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